ITINERARI DEL MISTERO: CATANIA
Dopo aver scoperto con le meraviglie nascoste di Venezia, del Giardino di Bomarzo e della Liguria, Isabella Dalla Vecchia e Sergio Succu (autori del libro LUOGHI DI FORZA) ci portano in Sicilia, nella splendida e misteriosa città di Catania.
Animali misteriosi a Catania
Catania è una città bellissima, ricca oltre che di storie e monumenti, anche di misteri. E’ impossibile raccontarla in poche righe e quindi abbiamo deciso di proporvi un percorso tematico che riguarda leggende legate agli animali. Ne sarete piacevolmente sorpresi.
L’elefante di Catania
Il centro di Catania è occupato da un mastodontico elefante in pietra lavica protagonista di una serie di leggende: il nome della città deriva da Katà Aitnen ovvero “sotto l’Etna”, ma essa era conosciuta anche come Balad al Fil ovvero, città dell’Elefante. Ed è proprio ai pachidermi che Catania è sempre stata legata: uno è presente come eterno simbolo nello stemma ufficiale, in quanto avrebbe salvato gli abitanti della città proteggendoli dagli attacchi di animali feroci. La statua in pietra lavica avrebbe dovuto allontanare la stessa lava delle eruzioni vulcaniche.
Ma la domanda è lecita: cosa ci fa un elefante in Sicilia? Non è affatto cosa assurda! Scavi e ritrovamenti confermano la presenza nel territorio di elefanti nani, i cui particolari crani avrebbero dato origine alle leggende di ciclopi. La conformazione dei loro crani giganti con un foro al centro per l’innesto della proboscide, faceva credere a chi non conosceva questi animali o non li aveva mai visti, che quel grosso buco centrale rappresentava un unica grande orbita oculare.
Il mago Eliodoro
Questo elefante a Catania viene chiamato Liotru, nome che deriva dall’erudito catanese Eliodoro (dono del sole) che visse nell’VIII secolo. Eliodoro aveva un unico morboso desiderio, diventare vescovo di Catania. Purtroppo fu disilluso, perché al suo posto fu nominato Leone II detto il Taumaturgo lasciando Eliodoro in un profondo sconforto (Leone rimase vescovo per 20 anni!). Eliodoro per vendetta iniziò a opporsi alla Chiesa disturbando le funzioni religiose e usando la magia. Si narra che riuscì ad animare l’elefante di pietra lavica e, salendogli in groppa, riuscì a farlo correre tra lo stupore della folla!
Per questo motivo l’elefante prese anche il nome di “u cavaddu di Liotru” (il cavallo di Eliodoro). Il vescovo Leone II, sensibile a quanto avveniva in città, nel 778 sfidò Eliodoro al “giudizio di Dio” una difficile prova: dopo aver camminato sui carboni ardenti, colui che ne sarebbe uscito indenne sarebbe stato proclamato vescovo di Catania. Una prova abbastanza insolita: a restare indenne nel fuoco è proprio il diavolo! Liotru rifiutò la prova e Leone, tremendamente offeso, lo gettò comunque nei carboni ardenti dove la folla lo vide bruciare.
L’immortalità della fenice
Un altro simbolo di Catania è la Fenice, l’uccello mitologico in grado di bruciare da sola e rinascere dalle sue stesse ceneri. Si trova scolpita sotto l’arco settecentesco di Porta Ferdinanda (oggi porta Garibaldi) insieme al motto che contraddistingue la città “melior de cinere surgo” (risorgo sempre più bella dalle mie stesse ceneri”) una metafora perfetta per questa città più volte distrutta da assedi, terremoti, eruzioni vulcaniche, bombardamenti ma sempre rinata più bella e fiorente di prima.
La leggenda del cavallo senza testa
Catania conserva un altro oscuro mistero. Riguarda una via sinistra ancora oggi legata alla leggenda del cavallo senza testa: parliamo di via Crociferi, scenografia di una storia narrata dallo scrittore Carlo Levi. Egli la descrive come la strada più deserta di Catania, in quanto, dopo il crepuscolo, nessuno avrebbe il coraggio di percorrerla a causa della convinzione popolare che nell’oscurità si venga seguiti da un cavallo senza testa, così terribile da rendere inutile ogni tentativo di fuga. Ovviamente molti erano gli scettici, come un giovane che un giorno decise di fare una scommessa con i suoi amici. Disse di non aver paura e proclamò che si sarebbe recato di notte sotto l’arco delle monache benedettine a piantare un chiodo, per dimostrare il suo coraggio.
La scommessa fu accettata e il ragazzo andò quella stessa notte munito di martello e scala (ancora oggi si vede ancora il buco). Convinto di aver finito senza complicazioni, fu subito preso dall’euforia (non sappiamo quanto aveva scommesso) e si allontanò velocemente dalla sua posizione. Purtroppo non si era accorto che una parte del mantello era rimasta impigliata nel chiodo da lui stesso piantato. Lo strattone improvviso gli fece credere di essere morso dal cavallo senza testa facendolo morire di crepacuore. Se non si fosse abbandonato al terrore e avesse conservato un minimo di lucidità, si sarebbe domandato come avrebbe potuto morderlo un cavallo senza testa e avrebbe compreso l’errore…
Elefanti nani, ciclopi, fenici e cavalli senza testa, sono questi gli abitanti della nostra Catania, animali surreali degni cittadini del capoluogo di un’isola meravigliosa ai confini della realtà.