RIO, QUELLA LITIGATA CHE CI HA PORTATO SUL PODIO – Paolo Pizzo
Ecco il primo di quattro appuntamenti con Paolo Pizzo, in cui il campione italiano racconterà la sfida di Rio 2016.
RIO, QUELLA LITIGATA CHE CI HA PORTATO SUL PODIO
di Paolo Pizzo
L’Olimpiade è qualcosa che ti può travolgere, per le emozioni fortissime che ti dà. Avevo già l’esperienza di Londra, che nel libro definisco un grande frullatore: proprio perché se ti fai prendere emotivamente rischi di perdere concentrazione in gare che diventano velocissime e si decidono in pochi attimi. Ma non è detto che basti nemmeno l’esperienza. Noi della spada, puntavamo molto sulla gara a squadra, ma logicamente quando il 9 agosto siamo scesi in pedana per la gara individuale, ognuno di noi sognava la “giornata perfetta”, quella che io ho vissuto nel 2011 nella mia Catania, vincendo il Mondiale: quel mix perfetto fra condizione fisica e mentale. Purtroppo non è andata come speravamo: io e Marco Fichera siamo usciti al primo turno, Enrico Garozzo al secondo. Mentre Andrea Santarelli, causa regolamenti discutibili, non ha potuto tirare. Questo ci ha resi particolarmente nervosi e irascibili. Con Enrico la sera abbiamo sfogato la rabbia su una serie di double-burger, ma se la fame passava, la tensione restava.
In queste fasi so di diventare insopportabile e per me è stata fondamentale la presenza a Rio di Lavinia, mia moglie. Fra noi l’intesa è perfetta ed essendo anche lei un’atleta a livello internazionale – pentatleta per la precisione – sa capire i momenti in cui un silenzio vale più di una carezza e quando una coccola è più efficace di un allenamento.
Quattro giorni per preparare la gara a squadre per quella medaglia sognata possono essere tanti o pochi, dipende come li affronti. Fisicamente in palestra fai solo un lavoro di mantenimento, tecnicamente e tatticamente parlando siamo preparatissimi, perché il c.t. Sandro Cuomo ha affidato l’analisi degli avversari al maestro Dario Chiadò: attraverso video e altre informazioni acquisite, noi sappiamo di ogni singolo avversario caratteristiche, punti forti e deboli, insomma tutto quello che serve per impostate in maniera tatticamente impeccabile ogni assalto.
Ma per certi versi l’aspetto più importante diventa quello mentale. E qui entra in campo una persona fondamentale: il nostro mental coach, Luigi Mazzone, catanese anche lui, come me, Enrico e Marco, mentre Andrea Santarelli di Foligno per noi affettuosamente è l’oriundo o l’extracomunitario. Luigi è un neuropsichiatra infantile e il suo vero capolavoro a Rio è stato un altro, ma di questo vi parlerò nella prossima puntata di questo mini-blog. Luigi è stato campione italiano di spada nel 2002 quindi conosce l’arma, le difficoltà tecniche e ovviamente quelle mentali. Ci guardava e capiva che qualcosa non andava. Il nervosismo, per la gara individuale andata male, era dissimulato da tutti noi, ma in effetti covava in maniera preoccupante e questo non era utile alla dinamica di squadra. E allora a soli due giorni dalla gara, Mazzone ci ha presi tutti e quattro e ci ha chiuso in una stanza del villaggio olimpico. Beh, in pochi attimi si è scatenato l’inferno.
Ognuno di noi si è sfogato senza freni inibitori e se non ci siamo messi le mani addosso è perché siamo tutti ragazzi educati e di buona famiglia. Quegli urli, quegli insulti, sono stati “trasformati” in maniera magistrale da Mazzone che nelle nostre menti li ha tramutati in carica positiva. Così le nubi fra noi si sono diradate, abbiamo ritrovato quella sintonia che dall’estate del 2015 ci aveva portato a rimontare parecchie posizioni del ranking e a centrare una qualificazione olimpica complicata.
Ora eravamo pronti a salire sulla pedana con lo spirito giusto per inseguire il sogno e la medaglia. Il finale già lo conoscete. Ma il resto del racconto alla prossima puntata con tanti altri retroscena.
E dopo la lite, un pranzo speciale! Leggete il seguito qui!