Un’intervista a Elan Mastai
TUTTI I NOSTRI OGGI SBAGLIATI è un romanzo di Elan Mastai che lascia senza parole,: avvincente, ironico, pieno di romanticismo e fantascienza, senza mai risultare stucchevole (in un caso) o noioso (nell’altro).
Abbiamo fatto qualche domanda a Elan Mastai, e le risposte sono state sorprendenti, come il suo romanzo,
Quanta preparazione ci vuole per essere in grado di scrivere un romanzo di
fantascienza che risulti credibile?
Di solito immagino quali tipi di tecnologia voglio che vi esistano e poi lavoro a ritroso
per capire a che punto è la scienza adesso, quali invenzioni sarebbero necessarie per far
funzionare tutto, ma anche le ragioni per cui non si sono prodotte. Una volta che ho
scoperto dove sono le lacune, inizio a colmarle con nozioni scientifiche plausibili, cose
ipoteticamente possibili anche se nessuno le ha già dimostrate.
Per questo romanzo, la ricerca mi ha fatto spaziare dalla teoria quantistica, la meccanica
orbitale e la natura del tempo al teletrasporto, la neuroscienza, la geologia, la botanica,
l’addestramento degli astronauti, la stampa in 3D, la modellazione del traffico, le città
abbandonate, ricette eccellenti di torte al limone, fino al modo in cui le tendenze
emergono e si dissolvono nella moda.
Tuttavia, nel libro non ho inserito buona parte delle mie ricerche. Non voglio confondere
il lettore con dati tecnologici incomprensibili. Anche se parto da una ricerca molto
estesa, quando racconto la storia includo solo gli elementi più interessanti e più
divertenti. Il resto è utile a me, ma il lettore non ne ha bisogno per godersi il romanzo.
È possibile ipotizzare che dietro la scienza, la fantascienza, la Storia (da modificare o
da salvare) ci sia un profondo bisogno di Amore?
Credo che raramente le persone vogliano cambiare la propria vita o il mondo se sono
felici. Quando ti senti amato, sei meno incline a voler rischiare di perdere quell’amore. A
meno che tu non lo dia per scontato, come fanno in tanti. Insomma, è piuttosto
improbabile lanciarsi in un’impresa potenzialmente catastrofica come cambiare il passato,
tranne nel caso in cui hai perso qualcosa che non puoi riavere indietro, come una persona
che amavi.
Le storie di viaggi nel tempo sono tipicamente storie che parlano di rimpianti. Tutti
abbiamo rimpianti. Tutti ci portiamo dentro dolore, lutti, umiliazioni, errori. Il desiderio di
viaggiare a ritroso nel tempo ha in sé qualcosa di essenzialmente umano. È l’occasione
per rimediare ai nostri errori. Per cancellare le nostre decisioni peggiori e sostituirle con
scelte migliori, più intelligenti e dignitose. È impossibile nella vita. Ma non nella fiction.
Da cosa è arrivata l’ispirazione per scrivere questo romanzo?
Mio nonno aveva una vasta collezione vintage di libri di fantascienza datati anni
Cinquanta e Sessanta, e da bambino mi piacevano le storie intense e le copertine
eccessive con scienziati pazzi, razzi spaziali e città futuristiche. Catturavano la mia
immaginazione di adolescente, facendomi pensare ai mondi possibili che magari un
giorno avremmo inventato. Tuttavia, già da bambino negli anni Ottanta, sentivo che c’era
qualcosa che non tornava. Il futuro non si stava realizzando come quegli scrittori e quegli
artisti avevano immaginato. Per il mio decimo compleanno, non avevo ricevuto uno zaino
a propulsione. Avevamo camminato sulla luna, però non ci eravamo tornati per costruire
alberghi. Crescendo, ho continuato a chiedermi cosa fosse successo al futuro che ci era
stato promesso.
Così, con questo libro mi sono inventato la risposta: Tom Barren ha rubato una macchina
del tempo e ha rovinato a tutti noi la festa.
Quali sono i suoi scrittori di riferimento, o almeno quelli da cui è partito per scrivere
questo libro?
Per questo libro mi sono ispirato a Kurt Vonnegut, che ha un ruolo piccolo ma importante
nella storia. Altri autori che hanno influenzato questo romanzo in particolare sono David
Mitchell, Michel Houellebecq, Margaret Atwood, Sheila Heti, Junot Diaz, Philip K. Dick,
Audrey Niffenegger e Aldous Huxley.
Ma lei tornerebbe indietro nel tempo? Se sì, per fare cosa?
Mia madre è morta quando avevo 26 anni, perciò ovviamente vorrei salvarle la vita se
potessi tornare indietro nel tempo. Ma sono anche consapevole che gran parte della mia
vita di oggi dipende da ciò che è successo alla mia famiglia dopo quel lutto. Sono uno
scrittore perché, dopo la sua morte, ho scoperto che soltanto scrivere mi aiutava a dare
un senso al mondo. Mia moglie e i miei figli vengono dal quel periodo della mia vita. La
persona che sono oggi – scrittore, marito, padre – è una conseguenza diretta di quel
momento, benché sia stato terribile. La mia vita di adesso è l’ultimo regalo che mi ha
fatto mia madre. Quindi, se potessi tornare indietro, non cambierei il passato, ma
trascorrerei solo più tempo con lei, e con la versione della mia famiglia che è andata
perduta alla sua morte.
Spieghiamo in poche parole ai nostri lettori chi è Tom Barren?
Tom è l’unico figlio di Victor Barren, uno degli inventori più affermati e stimati del suo
mondo, l’uomo che sta per lanciare la primissima macchina del tempo. Per Tom, è un po’
come essere il figlio di Steve Jobs o di Thomas Edison. Sente che non realizzerà mai
niente di altrettanto formidabile, e allora, si dice, non ha nemmeno senso provarci. Anche
se vive in un mondo di spettacolare tecnologia, Tom non riesce a trovarvi il suo posto.
Cerca uno scopo, un significato, ma gli sfugge. Colpito da una tragedia personale,
prende una serie di decisioni avventate, causando un cataclisma che cambierà non solo la
sua vita, ma l’intero nostro mondo.
E, infine, una curiosità personale: perché l’albero di limone e non di mele?
È interessante che tu me lo chieda. Nel cortile dei miei nonni c’era un melo e uno dei
periodi dell’anno che preferivo era quando raccoglievamo le mele con cui la nonna
avrebbe fatto le torte. Aveva una ricetta tutta sua e, quando è morta, la mia famiglia ha
temuto che fosse andata perduta per sempre, perché lei andava a memoria.
Recentemente, invece, abbiamo scoperto che l’aveva scritta per un parente e ci siamo
fatti dare una copia. E così abbiamo ricominciato a fare la sua torta di mele.
Quando scrivo di cose personali, cerco di mascherare la verità con invenzioni sostanziali.
Cambio i fatti quanto basta perché la versione narrativa assuma una realtà tutta sua. Nella
mia vita, c’erano un melo e le torte di mele. Nel romanzo, ci sono un limone e le torte di
limone che fa la madre di Tom.
Perché ho scelto i limoni? Be’, piace l’immagine dell’albero di limone. Mi attirava dal
punto di vista creativo, tutto qua. Ma ho anche ambientato la storia a Toronto, in Canada.
Nel nostro mondo, non è una città col clima adatto alla coltivazione dei limoni. Non
vedrete mai un albero di limoni a Toronto. Mi piaceva che l’incongruenza di
quell’immagine potesse suggerire in maniera sottile un mondo dove le cose sono diverse,
estranee, senza limiti rispetto al nostro mondo. Quello è un mondo in cui quasi tutto ciò
che puoi immaginare è possibile. Persino coltivare limoni in Canada.