Stephen King, la trilogia di Bill Hodges e la sfida di una traduzione.

Cari lettori di King, e cari lettori,

La pubblicazione del capitolo conclusivo della trilogia hard-boiled di Stephen King ci ha messo davanti una sfida particolarmente audace, quella di tradurre il titolo originale del romanzo, End of Watch. E non è la prima volta (uno dei titoli di King più difficili da trasporre in italiano è stato Everything is Eventual, la raccolta di racconti diventata Tutto è fatidico: se volete, in un altro momento, vi diciamo perché).

Stephen King gioca da sempre con le parole e tradurlo è un ottovolante professionale che richiede pazienza e fantasia, competenze linguistiche e curiosità, fedeltà e logica. King è un signore che mastica da sempre cultura alta e bassa mescolandole in un linguaggio ricchissimo di sfumature e significati.

Questo vale anche per i titoli e, mentre Mr. Mercedes, che dire, non è stato un problema, già Finders Keepers ci ha messo alla prova (è il nome dell’agenzia di Bill, ma è anche la metà di un detto: “Losers Weepers Finders Keepers” – letteralmente “Chi perde piange Chi trova tiene”. In italiano esiste un vecchio detto simile: “Chi perde paga Chi trova tiene” la cui prima metà è ancora in uso. Il titolo del libro, dunque, che anticipa il suo contenuto, è diventato Chi perde paga).

Figuriamoci End of Watch, un’espressione che contiene tre significati, oltre a essere la più suggestiva delle sinossi. Il primo significato, quello materiale, fa riferimento al “cartellino” dei poliziotti, che timbrano alla fine del loro turno, e succede in tutto il mondo. Quindi Fine turno è diventato il titolo italiano, semplice e immediato, come vuole l’autore. Gli altri significati, quelli metaforici, li scoprirete leggendolo.

Sperling & Kupfer

Premio Com&Te a Emilio Targia per “Quella notte all’Heysel”

Premio Com&Te a Emilio Targia per Quella notte all’Heysel

Assegnato il prestigioso premio Com&Te “Comunicazione, giornalismo e dintorni” dedicato allo sport  a Emilio Targia e Maurizio De Giovanni.

Questa la motivazione del premio per l’opera Quella notte all’Heysel: «È un racconto autobiografico e di una pagina fra le più tristi in assoluto dello sport e del calcio in particolare. Una scrittura fluida e consapevole che consente a Emilio Targia di tracciare un vissuto personale – diventato poi collettivo per la drammaticità degli eventi, fatto di emozioni, paura, rabbia e sofferenza -, equilibrato però da una ricca e puntuale documentazione dei fatti, che ancor più avvalorano giudizi e valutazioni pienamente condivisibili.

Un lavoro apprezzabile, ma anche una testimonianza di ciò che lo sport non deve essere e un monito per il futuro, soprattutto, ma non solo, per i giovani di oggi. Un libro per non dimenticare».

Il premio è stato assegnato nell’auditorium dell’istituto Della Corte-Vanvitelli, di Cava de’ Tirreni, dalla giuria popolare degli studenti, intitolata alla memoria del giornalista Giancarlo Siani.

NOTHING MORE – la nuova serie di Anna Todd

Travolgente, unica, imperdibile: la nuova storia d’amore firmata da Anna Todd, seguitissima autrice di AFTER.

«Sono entusiasta all’idea che tutti conoscano Landon Gibson. Che l’abbiate solo sentito nominare o che lo abbiate già conosciuto nella serie Aftersono sicura che amerete la sua storia.»

Anna Todd

Il conto alla rovescia può iniziare!

Nothing More la nuova, attesissima serie di Anna Todd, uscirà in Italia per Sperling & Kupfer in due volumi: NOTHING MORE. DOPO DI LEI in libreria dal 25 ottobre NOTHING MORE 2. CUORI CONFUSI in libreria dal 22 novembre.

Dopo il successo mondiale di After, più di cinque milioni di copie vendute nel mondo, di cui oltre un milione soltanto in Italia, Anna Todd firma una nuova storia d’amore romantica, passionale e imprevedibile… che crea dipendenza.

Il protagonista? Uno dei personaggi più amati del mondo di After, Landon Gibson.

L’abbiamo conosciuto come impacciato e un po’ ingenuo, eppure Landon Gibson è anche bello, gentile, atletico e divertente e molte sorprese attendono il suo cuore.

Ma l’amore, a volte, è un vero casino. Messo alla prova, Landon saprà confermarsi il bravo ragazzo, fedele, serio e perfetto, il “marito ideale” che tutti credono?

SIAMO TUTTI IN CERCA

DI UN AMORE INFINITO.

NIENTE DI PIÙ. NIENTE DI MENO.

La religione gattolica: vi spieghiamo cos’è!

La religione Gattolica

I gattolici potranno approfondire la lettura dei Testi Sacri, quali Il Vecchio e Il Nuovo Miagolamento, I Vanpeli Gnaulistici, Il Soriano, Il Miao Te Ching, Il Ghattapada, La Bhagattacc’ gītā. Si accosteranno alle diverse Confessioni e agli Ordini gattolici, conosceranno i Luoghi e le Figure del culto. Impareranno I canti sacri dei Gatti e diffonderanno il Miagos presso i non ancora gattolici, insegnando loro la corretta adorazione del Gatto secondo I canoni esoterici ed essoterici.

I diritti d’autore sono devoluti ai gattili e alle associazioni animaliste. Regalatelo! Aiuterete tanti Gatti sans papiers a trovare una buona famiglia.

Scopo del libro è l’adozione del Gatto, ovvero il raggiungimento dell’armonia.

Grazie, e buon divertimento!

La religione Gattolica  rappresenta la religione con più fedeli al mondo, in quanto molto spesso i cristiani, i protestanti, gli ebrei, gli ortodossi, i musulmani, i buddhisti, gli induisti e anche gli atei conclamati sono fedeli gattolici.

La religione gattolica è l’unica religione al mondo che mette tutti d’accordo. Da perfetti sconosciuti, i gattolici di tutto il pianeta passano ore a raccontarsi i prodigi dei propri amati, e attraverso i gatti creano un contatto con il divino. Sono solidali tra loro, e risolvono i problemi con sorprendente concretezza. Non ci sono guerre tra i gattolici delle diverse confessioni. Ci sono invece incessanti scambi di foto e racconti di epico registro.

Il gatto è un archetipo attivo, e rappresenta una dimensione psichica realizzata nella grazia, nella bellezza, nell’armonia.

Avendo per maestri i gatti, gli esseri umani realizzano la pienezza. Questo libro è dedicato ai gattolici, che si riconosceranno e potranno diffondere il Miagos con maggiore consapevolezza, e ai non ancora gattolici, affinché trovino il cammino che li avvicinerà ai gatti, ovvero alla propria felicità.

(Dal prologo del libro)

RAIS: la parola all’autore Simone Perotti

Ho scritto questo romanzo disattendendo quasi tutte le regole dell’editoria di questa epoca, e del buon senso.

E’ lungo; ha quattro voci diverse che raccontano i fatti da altrettante diverse angolazioni; è una storia “in costume”, ambientata nel ‘500; è pieno di personaggi; uso registri stilistici diversi; una delle voci è un flusso senza punti, in cui il lettore deve trovare la sua “musica”; il titolo è enigmatico, non spiega nulla di noto; è un romanzo letterario, di quelli che invece di andare verso ciò che il lettore sa già lo chiamano verso lo spazio ignoto che lui ignora; scrivo tutto, senza veli, sbatto in faccia al lettore i suoi vizi, le sue paure, le sue meschinità, le sue ipocrisie.

Nella narrativa contemporanea si sta molto attenti a non farli, questi errori. Un libro lungo costa di carta e stampa, dunque ha un prezzo più alto, e poi i lettori si spaventano per la mole. I tanti personaggi disorientano, le storie in costume vengono avvertite come troppo lontane. Per farne un film servirebbero troppi soldi, nessuna produzione sosterrebbe uno sforzo simile.

Non so se lo avete notato, ma la narrativa di oggi, per larga parte, fa di tutto per ingraziarsi il lettore. Gli va incontro sorridendo, lo segue nei suoi ambienti conosciuti, gli parla con la sua lingua, lo fa riconoscere nelle sue più ovvie aspirazioni, lo blandisce con i luoghi più comuni, usa marche e oggetti a lui familiari, come per farlo sentire a casa, lo aiuta con frasi corte, come fosse un minorato mentale, capitoli brevi, poche pagine in totale, storie esilissime, molti dialoghi. Trovo questa pratica, quando fatta ad arte, la fine di ogni opera intellettuale e di scrittura letteraria.

Per questo, terminando questo mio nuovo romanzo, sono molto orgoglioso della libertà e del coraggio che è costato. A me e al mio editore.

Ma c’è dell’altro.

Alcuni miei libri, negli ultimi dieci anni, hanno avuto successo. Quel che dovevo e potevo fare per cavalcare il favore del pubblico lo so bene io, come possono intuirlo tutti, anche i non addetti ai lavori. E’ quello che si fa comunemente, preferendo scrivere ciò che “si deve” rispetto a ciò che “si vuole”.

Tuttavia, ho capovolto la mia vita per cosa? Per essere libero, il più autentico e libero possibile. E allora? Non potevo seguire il faro dell’opportunità. Sarebbe stato un calcio sugli stinchi della mia storia.

Mi sono messo a studiare senza contratto con alcun editore, senza tempo stabilito, senza alcuna garanzia o scadenza. Poi mi sono accinto a scrivere senza neppure sapere se qualcuno avrebbe mai pubblicato il frutto di questa enorme impresa. Mi sono goduto il tempo dello studio e della scrittura senza vincoli, libero di assecondare la mia emozione verso la storia e i suoi personaggi. E fatalmente, a riprova che il nostro destino non ci indica mai la strada ma lo incontriamo lungo la via giusta dopo averla già intrapresa, un editore ispirato, illuminato e coraggioso si è innamorato dell’idea e mi ha sostenuto.

Ecco perché sono molto felice di aver concluso questo lavoro, proprio poco fa. E’ costato anni di studi e di impegno, compiuti alla luce della grande gioia della libertà e della creatività. Nulla come questo romanzo mi identifica e mi rappresenta. Nulla di ciò che ho scritto fin qui. Qualcuno che lo ha letto mi ha detto: “un romanzo così non lo scriverai mai più”.

Cercare ciò che ha senso, perseguirlo con cura, con la determinazione delle scelte impopolari e non opportune, ma vere e sentite, credo sia la maggiore garanzia che si può offrire a un lettore. Potrà amare o odiare quello che scriviamo, ma sarà certo che nessuno lo avrà preso in giro.

FINE TURNO – gli appuntamenti da non perdere

Ci sono appuntamenti da non perdere: ne sa qualcosa Bill Hodges, che ha, proprio in FINE TURNO, un rendez-vous con il temibile Brady.

Abbiamo già parlato qui della trilogia scritta da Stephen King (e qui trovate i primi due libri in edizione tascabile), ma FINE TURNO merita un approfondimento speciale. Il perché lo scoprirete seguendoci, in questo percorso articolato tra ispirazioni (dello stesso King) e riflessioni a più voci, tra interviste e interventi. Perché i libri sono di chi li legge e aprono, si sa, infiniti mondi.

“La chiamano FINE TURNO però in realtà Hodges non è mai riuscito a considerarsi finito.”

Ecco il nostro calendario:

– 11 ottobre recensione di FINE TURNO su stephenking.it 

– 18 ottobre intervista a Giovanni Arduino, traduttore di Stephen King, su sperling.it

 25 ottobre chi ha ispirato la trilogia di Stephen King? Un’analisi in tre momenti su su stephenking.it 

 3 novembre chat con Giovanni Arduino sul gruppo Facebook Stephen King Italia: si parlerà esclusivamente della trilogia di Hodges!

Ma non finisce qui, perchè proprio durante la chat del 3 novembre verrà annunciata una sorpresa (se sperate che King venga in Italia, no! non si tratta di questo!)

ITINERARI DEL MISTERO: CATANIA

Dopo aver scoperto con le meraviglie nascoste di Veneziadel Giardino di Bomarzo e della Liguria Isabella Dalla Vecchia e Sergio Succu (autori del libro LUOGHI DI FORZA) ci portano in Sicilia, nella splendida e misteriosa città di Catania.

Animali misteriosi a Catania

Catania è una città bellissima, ricca oltre che di storie e monumenti, anche di misteri. E’ impossibile raccontarla in poche righe e quindi abbiamo deciso di proporvi un percorso tematico che riguarda leggende legate agli animali. Ne sarete piacevolmente sorpresi.

L’elefante di Catania

Il centro di Catania è occupato da un mastodontico elefante in pietra lavica protagonista di una serie di leggende: il nome della città deriva da Katà Aitnen ovvero “sotto l’Etna”, ma essa era conosciuta anche come Balad al Fil ovvero, città dell’Elefante. Ed è proprio ai pachidermi che Catania è sempre stata legata: uno è presente come eterno simbolo nello stemma ufficiale, in quanto avrebbe salvato gli abitanti della città proteggendoli dagli attacchi di animali feroci. La statua in pietra lavica avrebbe dovuto allontanare la stessa lava delle eruzioni vulcaniche.

Ma la domanda è lecita: cosa ci fa un elefante in Sicilia? Non è affatto cosa assurda! Scavi e ritrovamenti confermano la presenza nel territorio di elefanti nani, i cui particolari crani avrebbero dato origine alle leggende di ciclopi. La conformazione dei loro crani giganti con un foro al centro per l’innesto della proboscide, faceva credere a chi non conosceva questi animali o non li aveva mai visti, che quel grosso buco centrale rappresentava un unica grande orbita oculare.

Il mago Eliodoro
Questo elefante a Catania viene chiamato Liotru, nome che deriva dall’erudito catanese Eliodoro  (dono del sole) che visse nell’VIII secolo. Eliodoro  aveva un unico morboso desiderio, diventare vescovo di Catania. Purtroppo fu disilluso, perché al suo posto fu nominato Leone II detto il Taumaturgo lasciando Eliodoro in un profondo sconforto (Leone rimase vescovo per 20 anni!). Eliodoro per vendetta iniziò a opporsi alla Chiesa disturbando le funzioni religiose e usando la magia. Si narra che riuscì ad animare l’elefante di pietra lavica e, salendogli in groppa, riuscì a farlo correre tra lo stupore della folla!

Per questo motivo l’elefante prese anche il nome di “u cavaddu di Liotru” (il cavallo di Eliodoro). Il vescovo Leone II, sensibile a quanto avveniva in città, nel 778 sfidò Eliodoro al “giudizio di Dio” una difficile prova: dopo aver camminato sui carboni ardenti, colui che ne sarebbe uscito indenne sarebbe stato proclamato vescovo di Catania. Una prova abbastanza insolita: a restare indenne nel fuoco è proprio il diavolo! Liotru rifiutò la prova e Leone, tremendamente offeso, lo gettò comunque nei carboni ardenti dove la folla lo vide bruciare.

L’immortalità della fenice
Un altro simbolo di Catania è la Fenice, l’uccello mitologico in grado di bruciare da sola e rinascere dalle sue stesse ceneri. Si trova scolpita sotto l’arco settecentesco di Porta Ferdinanda (oggi porta Garibaldi) insieme al motto che contraddistingue la città “melior de cinere surgo” (risorgo sempre più bella dalle mie stesse ceneri”) una metafora perfetta per questa città più volte distrutta da assedi, terremoti, eruzioni vulcaniche, bombardamenti ma sempre rinata più bella e fiorente di prima.

La leggenda del cavallo senza testa
Catania conserva un altro oscuro mistero. Riguarda una via sinistra ancora oggi legata alla leggenda del cavallo senza testa: parliamo di via Crociferi, scenografia di una storia narrata dallo scrittore Carlo Levi. Egli la descrive come la strada più deserta di Catania, in quanto, dopo il crepuscolo, nessuno avrebbe il coraggio di percorrerla a causa della convinzione popolare che nell’oscurità si venga seguiti da un cavallo senza testa, così terribile da rendere inutile ogni tentativo di fuga. Ovviamente molti erano gli scettici, come un giovane che un giorno decise di fare una scommessa con i suoi amici. Disse di non aver paura e proclamò che si sarebbe recato di notte sotto l’arco delle monache benedettine a piantare un chiodo, per dimostrare il suo coraggio.

La scommessa fu accettata e il ragazzo andò quella stessa notte munito di martello e scala (ancora oggi si vede ancora il buco). Convinto di aver finito senza complicazioni, fu subito preso dall’euforia (non sappiamo quanto aveva scommesso) e si allontanò velocemente dalla sua posizione. Purtroppo  non si era accorto che una parte del mantello era rimasta impigliata nel chiodo da lui stesso piantato. Lo strattone improvviso gli fece credere di essere morso dal cavallo senza testa facendolo morire di crepacuore. Se non si fosse abbandonato al terrore e avesse conservato un minimo di lucidità, si sarebbe domandato come avrebbe potuto morderlo un cavallo senza testa e avrebbe compreso l’errore…

Elefanti nani, ciclopi, fenici e cavalli senza testa, sono questi gli abitanti della nostra Catania, animali surreali degni cittadini del capoluogo di un’isola meravigliosa ai confini della realtà.

L’oroscopo dello scrittore – Ottobre 2016

Oroscopo dello scrittore.  SETTEMBRE

Lo scrittore dell’Ariete sarà spinto da Marte a vivere con particolare cura e intensità la sua professione. Sarà spinto invece da Mercurio a descrivere gli altri, i loro desideri e le loro passioni più profonde.         

Lo scrittore del Toro utilizzi le prime tre settimane del mese per darsi da fare, forte soprattutto di un Marte amico delle sue energie migliori. Poi, dal 24, sarà meglio rallentare per non innervosire Mercurio.         

Lo scrittore dei Gemelli vivrà un momento facile, proficuo e molto fortunato. Sarà il tempo migliore per esagerare, per non porsi limiti o scadenze, per fare ogni cosa sempre divertendosi.  

Lo scrittore del Cancro dovrà usare Marte, e la sua opposizione, per indagare, per scoprire realtà e fatti che saranno descritte solo nell’ultima settimana del mese. Quando Mercurio vi darà una mano.               

Lo scrittore del Leone potrà finalmente pensare (e comportarsi) in grande senza correre il rischio di esagerare o di risultare eccessivo. Descrivete ogni cosa liberamente, dando il giusto spessore a tutto.              

Lo scrittore della Vergine saprà descrivere ogni cosa al meglio grazie a Venere, soffermandosi sui dettagli migliori, sulla scelta maniacale di vocaboli e espressioni. Il tutto con la complicità appassionata di Marte.  

Lo scrittore della Bilancia sentirà un bisogno quasi fisico di raccontare, di creare e di descrivere con generosità. Merito della congiunzione di Giove e di Mercurio che vi renderà prolissi, ma quanto basta.    

Lo scrittore dello Scorpione avrà davvero bisogno di pensare e di meditare sul suo prossimo lavoro, perché ogni cosa si basa anche sulla preparazione in quanto fase fondamentale. Non abbiate premura.                    

Lo scrittore del Sagittario dovrebbe scrivere qualcosa che parli soprattutto di futuro, di progetti e di speranze, di tutto ciò che sarà. Una penna che sappia guardare soprattutto in avanti.

Lo scrittore del Capricorno sentirà la necessità di fare, di vivere l’impegno e la scrittura come qualcosa di irrinunciabile, di improrogabile. Tutta colpa (o merito) di un Marte che fa sul serio con l’energia.          

Lo scrittore dell’Acquario saprà raccontare di luoghi lontani, di storie capaci di fare pensare e riflettere, di racconti che aprano la mente e il cuore. Una qualità davvero speciale.      

Lo scrittore dei Pesci usi la grande energia che Marte gli regalerà per occuparsi del prossimo, dei suoi bisogni, delle sue realtà più o meno nascoste. È tempo di essere generosi. 

“Io sono un padre adottivo” Eugenio Gardella

Io sono un padre adottivo, ma sono anche un padre “biologico”. Questo particolare punto di vista, fra l’altro, mi ha fatto capire che l’adozione è parte di ogni genitorialità. Anche di quelle “naturali.”

Non è la carne e il sangue, ma il cuore che ci rende padri e figli.” scriveva Friedrich Schiller. Anche un figlio “naturale” può non essere riconosciuto e può essere abbandonato. Avere un figlio significa sempre adottarlo. Così è per tutto, del resto. L’adozione è il fondamento delle relazioni umane. L’adozione è comprendere l’altro da sé. E’ non lasciare soli gli altri esseri umani. Noi decidiamo di adottare chi amiamo, siano essi, figli, compagni, amici o persone da salvare.

Mio figlio è nato in Cambogia. Sulle rive tropicali del Mekong. Da quali sguardi, da quali svelte gambe nella notte calda e senza inverno, da quali durezze della vita provenga non lo so. Si tratta di una memoria della pioggia quella che io conservo per lui, la conservo per quando sarà grande e sulla mia incertezza sfogherà l’inquietudine del vuoto che lo ha originato. Questo ho deciso di accogliere. Questo per sempre mi è entrato nel cuore. Non esiste figlio più grande, non esiste amore più grande dei suoi snelli fianchi che non mi appartengono. Non esiste superficie più aggraziata della sua pelle che si veste di caffè con il sole dell’estate.

Questa è l’adozione.

Quando ho varcato il confine a Phnom Penh, il mio istinto allenato da anni a intuire l’animo degli uomini mi ha sussurrato che qualcosa stava accadendo. C’era profumo di dittatura e follia nel vento caldo che proveniva dall’equatore della terra.

Ho in quel vento incontrato mio figlio.

Nella penombra fra decine di lettini con le sbarre.

Lì ho incontrato i suoi occhi di carbone bagnato, occhi in cui bruciava tutta la tristezza e la bellezza del mondo, lì, in ginocchio, sono divenuto padre.

Ho portato via mio figlio.

Lontano da quella terra magnifica come un paradiso perduto. Pochi mesi. L’ho strappato via da un mondo complesso. Non senza dolore. Per portarlo in un mondo semplice dove io lo avrei protetto per sempre da tutti e da tutto. Questo è adottare. Semplicemente essere padri e figli. Questa è l’argilla su cui si regge il mondo. I mattoni con cui costruiremo il nostro futuro. Questo il presente. Queste le radici. Tutto in una scelta. Scegliere di esserci. Di esserci, fino all’ultimo, esserci per quell’abbraccio.

Stephen King con la febbre alta…

Recensione de “I CUSTODI DI SLADE HOUSE” di Devid Mitchell, pubblicata a ottobre 2015 sul Guardian.

Stephen King con la febbre alta di Liz Jensen

Ne “I custodi di Slade House” ritroviamo tutti i grandi temi della narrativa di Mitchell , con una robusta dose di ironia beffarda e orrorifica.

“Stasera sembra un gioco da tavolo progettato da un M.C. Escher al­colizzato, insieme a Stephen King con la febbre alta”, osserva una spaventatissima adolescente, affiliata a una società universitaria di appassionati del paranormale, nel nuovo, ossessivamente ingegnoso romanzo di David Mitchell, “I custodi di Slade House”. Un passaggio, questo, che dà perfettamente la misura della “dimensione Halloween” in cui Mitchell ha voluto calare il suo ultimo lavoro, ma “I custodi di Slade House” è anche molto altro.

Ogni nuovo risultato della prorompente immaginazione di Mitchell funziona come cassa di risonanza sia per le sue idee del passato sia per le opere che verranno, tutti i pezzi che finiranno per incastrarsi in quello che lui chiama il suo “uber-novel”.

E mentre vengono scritte tesi di dottorato sull’intertestualità di Mitchell, corredate di diagrammi di Venn, i lettori che hanno già potuto apprezzare le sue precedenti opere multi-narrative, come “Nove gradi di libertà”, “Cloud Atlas” e “Le ore invisibili” sappiano che non saranno per forza costretti a stare solo sul treno dei fantasmi, ma che potranno godersi ”I custodi di Slade House” in tutte le sue molteplici sfaccettature. Se vogliamo individuare la missione principale di questo riuscitissimo romanzo, esilarante e terrorizzante, da leggere d’un fiato, è quella di divertire se stesso. Pensate alla sorella dispettosa de “Le ore invisibili” con una parrucca spaventosa in testa, un fuoco d’artificio in mano, che urla “Bù!”, e avrete fatto luce su uno degli elementi del talento di Mitchell più significativi, presente dall’inizio del suo apprezzatissimo lavoro, ma sempre sottovalutato: uno strepitoso senso della commedia. È passato poco più di un anno dall’uscita de “Le ore invisibili”. E il fatto che “I custodi di Slade House” abbia avuto origine da un racconto pubblicato a puntate su twitter, poi sbocciato così rapidamente in un’opera di quasi trecento pagine, è la dimostrazione che il tempo vola, quando ti trovi a tuo agio nel paese delle meraviglie della creatività. In fondo alla buca del coniglio di Mitchell, si è ampliata a dismisura la parte sovrannaturale della tana.

La guerra tra spiriti buoni e malvagi che si dispiega ne “Le ore invisibili” era probabilmente la parte meno efficace del romanzo, ma i fantasmi sono comunque sempre stati presenti nell’officina narrativa di Mitchell. Ora, come se avesse applicato un nuovo ritornello a una vecchia canzone, lo scrittore parodizza i suoi fantasmi. Patti faustiani, mutaforme, psicovoltaggi, furti di anime, bolle di realtà, destrutturatori, e personaggi che dicono cose come “Dottoressa, se fossi in lei lascerei perdere la fisica delle particelle”: tutti elementi allegramente presenti alla grande festa di Slade House, durante la quale esasperano la loro dimensione metaforica, e fischiettano beffardi.

Mentre il tempo divide le cinque storie di cui è composto il romanzo, ambientate a intervalli regolari di nove anni a partire dal 1979 fino ad oggi, il luogo le unisce. Slade House, alla quale si può accedere solo tramite una piccola porta di ferro nero, situata in un vicolo strettissimo, in cui i due gemelli vampirizzatori di anime, Norah e Jonah Grayer attirano le loro vittime. E le vittime sono personaggi ritratti con grande abilità, personaggi ai quali ci affezioniamo nostro malgrado, perché percepiamo il pericolo cui vanno incontro, e non sappiamo se riusciranno ad uscire dal luogo in cui sono così innocentemente entrati.

“Il nostro caposcout, durante un’uscita mi ha detto di andare a farmi un giro, e io così ho fatto, e al servizio di salvataggio del monte Snowdonia ci sono voluti due giorni per trovare il rifugio dove mi ero messo” racconta il tredicenne Nathan Bishop, chiaramente affetto da autismo. Lui e la madre sono stati invitati a una serata musicale a Slade House, e presto Nathan comincia a chiedersi se è il valium che ha preso, la causa delle allucinazioni in cui è precipitato, o se sta accadendo qualcosa di più preoccupante. Avanti veloci fino al 1988, quando un poliziotto brutale e razzista, incaricato di scoprire qualcosa sulla misteriosa scomparsa dei Bishop di nove anni prima, incappa in una giovane vedova. Nove anni più tardi, saranno gli studenti universitari affiliati a una società paranormale ad infilarsi sconsideratamente nella trappola. E nel 2006, la sorella di uno di loro subirà la stessa sorte.

 

E mentre la storia arriva ai giorni nostri, e il romanzo raggiunge il suo apice (con la ricomparsa di un personaggio chiave dell’opera mitchelliana del passato), ombre molto familiari si muovono sulle pareti: “Harry Potter”, “Il giardino di mezzanotte”, “Matrix”, “I ragazzi terribili”, “La caduta della casa degli Usher”, “Giro di vite” e il “Rocky Horror Picture Show”. Per parafrasare una delle riflessioni di Nathan Bishop: “se mi avessero dato cinquanta pence per ogni citazione, allusione, metariferimento trovato nel romanzo, avrei bisogno di una calcolatrice nuova.”

“Quando ci si imbatte in qualcosa di banale e abusato, ecco come fare a rivitalizzarlo: bisogna trovare un opposto assolutamente improbabile, e poi mescolare tutto”, ha detto una volta Mitchell alla “Paris Review”. Distributori automatici di metafore horror, caratteri straordinariamente credibili, carnevalate selvagge, disagi esistenziali, scherzi metafisici: finisce tutto nel pentolone di Mitchell, che in questa cucina si muove benissimo.

Esattamente come l’industria cinematografica, anche Mitchell ha capito che spaventare la gente facendola sorridere è una cosa che funziona. L’horror permette di dire ad alta voce quello su cui le religioni preferiscono glissare: se si crede all’esistenza del bene ultraterreno, diventa difficile non considerare l’esistenza del male ultraterreno. E accompagnare la paura con l’ironia è il modo migliore per rendere sopportabile quello che sarebbe insopportabile. E così, mentre scendiamo nell’oscurità, la lampada-zucca di Mitchell ci sorride di un sorriso largo, e un po’ matto.

  • Liz Jensen è autrice del romanzo “L’imprevisto”, pubblicato da Time Crime

 I CUSTODI DI SLADE HOUSE sarà in libreria dal 6 settembre 2016

DAVID MITCHELL sarà ospite al Festivaletteratura di Mantova sabato 10 settembre alle ore 10:30 >>leggi

 

 

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