FINE TURNO – Intervista a Giovanni Arduino

In occasione dell’uscita di FINE TURNO, che chiude la trilogia dedicata a Bill Hodges, abbiamo intervistato Giovanni Arduino, traduttore di Stephen King in Italia.

E sì che per tradurre ci vuole testa quanto cuore…

1) Che cosa vuol dire tradurre Stephen King?

Significa immedesimarsi in lui. Ormai lo conosco da molto tempo e sicuramente meglio di me. Come lettore fin da quattordicenne e professionalmente (sotto tante vesti) da oltre vent’anni. Lo traduco consapevole dei suoi vezzi, le sue consuetudini, le particolarità della sua prosa. Però è sempre capace di sorprendermi, talvolta di spiazzarmi. Il bello (e il difficile, come sua voce italiana) sta proprio in questo.  

2) Sei all’ottava traduzione di King, volendo escludere decine di racconti e novelle: dello zio Steve si può dire tutto tranne che ricicli trame e personaggi (al massimo si cita). Anche la sua lingua muta sempre?

Sì e no. La lingua si adegua alla narrazione. Anzi, meglio, è la narrazione stessa a (ri)plasmarla di continuo. Per esempio, come uso del linguaggio, Revival è parecchio diverso da Fine turno; il primo omaggia autori di narrativa fantastica del passato, concedendosi alcuni passaggi enfatici e barocchi, il secondo grandi scrittori di mystery e thriller, risultando denso e stringato, specialmente nei dialoghi. Però l’impronta di fondo non cambia. 

3) Bisogna amare per tradurre? Ma è poi vero che tradurre è tradire?

Sì, è altamente consigliabile apprezzare l’autore che si traduce. Non venerarlo con sacrifici umani, intendiamoci, ma amarlo quel tanto che basta per rendergli un ottimo servizio e confezionargli un bel vestito della festa. In quanto a “tradurre è tradire”, è una vecchia massima ripetuta fino alla nausea e neanche troppo vera: il buon traduttore non tradisce, interpreta nel rispetto dell’originale.

4) Non ti chiedo quale sia il tuo romanzo di King preferito. Ma vorrei sapere quale traduzione, finora, ti è costata più fatica e perché.

Forse quelle di Joyland e Doctor Sleep. La prima perché ho dovuto creare praticamente da zero una lingua e un gergo (quello dei giostrai americani, che King si è inventato in massima parte a sua volta). La seconda perché ho scelto di rileggere Shining (di cui Doctor Sleep è il seguito), un sacco di materiale e interviste in merito, rivedere il film di Stanley Kubrick, la miniserie televisiva di Mick Garris, un paio di documentari in tema, frequentare tre o quattro riunioni aperte di Alcolisti Anonimi per calarmi meglio nel romanzo… Comunque credo (e mi auguro) che ne sia valsa la pena.   

5) Quali sono le fonti di ispirazione di Stephen King che ami e gli scrittori che hai scoperto grazie a lui?

L’elenco sarebbe lunghissimo. In realtà sono arrivato a King guardando tremendi film dell’orrore da ragazzino. Poi, insieme ai suoi romanzi, ho iniziato a leggere di tutto. Ma di tutto sul serio. Tra gli autori che in qualche modo ci accomunano, se vogliamo dire così, James M. Cain, H.P. Lovecraft, Jim Thompson, Richard Matheson, Ed McBain, Harlan Ellison, Jack Ketchum, Denis Johnson, eccetera eccetera eccetera.

6) La posizione di Harold Bloom rispetto a King: svista o errore? Snobismo della vecchia guardia o miopia?

Forse dipende dalla totale mancanza di considerazione nei confronti del romanzo popolare, della cultura pop e del cosiddetto “genere” (che tra l’altro secondo me non esiste neanche più, o forse non è mai esistito se non per comodità di classificazione, ma qui il discorso sarebbe eterno e complesso). E comunque, in tutta onestà, chi se ne frega di Harold Bloom?

RIO, QUELLA LITIGATA CHE CI HA PORTATO SUL PODIO – Paolo Pizzo

Ecco il primo di quattro appuntamenti con Paolo Pizzo, in cui il campione italiano racconterà la sfida di Rio 2016.

RIO, QUELLA LITIGATA CHE CI HA PORTATO SUL PODIO

di Paolo Pizzo

L’Olimpiade è qualcosa che ti può travolgere, per le emozioni fortissime che ti dà. Avevo già l’esperienza di Londra, che nel libro definisco un grande frullatore: proprio perché se ti fai prendere emotivamente rischi di perdere concentrazione in gare che diventano velocissime e si decidono in pochi attimi. Ma non è detto che basti nemmeno l’esperienza. Noi della spada, puntavamo molto sulla gara a squadra, ma logicamente quando il 9 agosto siamo scesi in pedana per la gara individuale, ognuno di noi sognava la “giornata perfetta”, quella che io ho vissuto nel 2011 nella mia Catania, vincendo il Mondiale: quel mix perfetto fra condizione fisica e mentale. Purtroppo non è andata come speravamo: io e Marco Fichera siamo usciti al primo turno, Enrico Garozzo al secondo. Mentre Andrea Santarelli, causa regolamenti discutibili, non ha potuto tirare. Questo ci ha resi particolarmente nervosi e irascibili. Con Enrico la sera abbiamo sfogato la rabbia su una serie di double-burger, ma se la fame passava, la tensione restava.

In queste fasi so di diventare insopportabile e per me è stata fondamentale la presenza a Rio di Lavinia, mia moglie. Fra noi l’intesa è perfetta ed essendo anche lei un’atleta a livello internazionale – pentatleta per la precisione – sa capire i momenti in cui un silenzio vale più di una carezza e quando una coccola è più efficace di un allenamento.

Quattro giorni per preparare la gara a squadre per quella medaglia sognata possono essere tanti o pochi, dipende come li affronti. Fisicamente in palestra fai solo un lavoro di mantenimento, tecnicamente e tatticamente parlando siamo preparatissimi, perché il c.t. Sandro Cuomo ha affidato l’analisi degli avversari al maestro Dario Chiadò: attraverso video e altre informazioni acquisite, noi sappiamo di ogni singolo avversario caratteristiche, punti forti e deboli, insomma tutto quello che serve per impostate in maniera tatticamente impeccabile ogni assalto.

Ma per certi versi l’aspetto più importante diventa quello mentale. E qui entra in campo una persona fondamentale: il nostro mental coach, Luigi Mazzone, catanese anche lui, come me, Enrico e Marco, mentre Andrea Santarelli di Foligno per noi affettuosamente è l’oriundo o l’extracomunitario. Luigi è un neuropsichiatra infantile e il suo vero capolavoro a Rio è stato un altro, ma di questo vi parlerò nella prossima puntata di questo mini-blog. Luigi è stato campione italiano di spada nel 2002 quindi conosce l’arma, le difficoltà tecniche e ovviamente quelle mentali. Ci guardava e capiva che qualcosa non andava. Il nervosismo, per la gara individuale andata male, era dissimulato da tutti noi, ma in effetti covava in maniera preoccupante e questo non era utile alla dinamica di squadra. E allora a soli due giorni dalla gara, Mazzone ci ha presi tutti e quattro e ci ha chiuso in una stanza del villaggio olimpico. Beh, in pochi attimi si è scatenato l’inferno.

Ognuno di noi si è sfogato senza freni inibitori e se non ci siamo messi le mani addosso è perché siamo tutti ragazzi educati e di buona famiglia. Quegli urli, quegli insulti, sono stati “trasformati” in maniera magistrale da Mazzone che nelle nostre menti li ha tramutati in carica positiva. Così le nubi fra noi si sono diradate, abbiamo ritrovato quella sintonia che dall’estate del 2015 ci aveva portato a rimontare parecchie posizioni del ranking e a centrare una qualificazione olimpica complicata.

Ora eravamo pronti a salire sulla pedana con lo spirito giusto per inseguire il sogno e la medaglia. Il finale già lo conoscete. Ma il resto del racconto alla prossima puntata con tanti altri retroscena.

E dopo la lite, un pranzo speciale! Leggete il seguito qui!

TANGENTOPOLI NERA intervista a Giovanni Fasanella

  1. Utilizzando i documenti della Segreteria Particolare di Mussolini e quelli britannici desecretati di recente, MARIO JOSÉ CEREGHINO e GIOVANNI FASANELLA icostruiscono, con lo scrupolo degli storici e il fiuto degli investigatori, l’intreccio perverso tra politica, finanza e criminalità nell’Italia del Ventennio. 
  2. Ecco così TANGENTOPOLI NERA ed ecco la nostra intervista a Giovanni Fasanella.
  3. Il titolo di questo libro TANGENTOPOLI NERA può suonare anacronistico: un termine nato negli anni ’90 accostato al ventennio fascista. Cosa vuol dire?

Vuol dire che in epoca fascista si rubava a mani basse, molto di più che in epoche successive. Solo che la magistratura non interveniva quasi mai, i giornali non ne parlavano e la propaganda del regime faceva credere all’opinione pubblica che il potere politico era limpido come acqua di sorgente. Era invece uno dei più corrotti della storia. Ma molti ancora oggi non lo sanno perché  la storiografia se ne è occupata solo di striscio.

  1. Quanto è stata importante la propaganda nell’immagine che il fascismo ha lasciato dietro di sé?

La propaganda fascista aveva una macchina poderosa ed efficiente. Ha creato dei miti che sopravvivono ancora oggi. Uno, appunto, è quello del fascismo dal pugno di ferro ma proprio per questo pulito. Pensa al prefetto Mori, per dirne una. Il «prefetto di ferro» inviato in Sicilia da Mussolini per «combattere» la mafia. Mise a ferro e fuoco interi comuni, arrestò centinaia di persone.

E questo consentì a Mussolini di annunciare in Parlamento che la mafia non esisteva più. In realtà, Mori sgominò solo le cosche che costituivano un potenziale contropotere rispetto al Pnf, il Partito nazionale fascista. Le altre, invece, divennero parte integrante della classe dirigente del regime. E fra i tanti servizi resi dai boss ai gerarchi c’era anche il rifornimento di cocaina per i festini e le orge. Ma per molti, Mori ancora oggi è un intoccabile. Lo hanno santificato persino al cinema e in tv.

  1. Qual è la metodologia di ricerca per approcciarci a un lavoro così importante

Con Cereghino partiamo da un’ipotesi investigativa, da una possibile chiave di lettura inedita di un episodio o di un personaggio. Poi leggiamo tutto quello che è stato scritto sull’argomento, individuiamo le possibili lacune e cerchiamo di colmarle attraverso le ricerche d’archivio e la contestualizzazione dei documenti trovati. Facciamo un lavoro che in Italia si fa molto raramente: l’investigazione e la ricerca.

  1. Quali sono i personaggi più importanti (e interessanti) del quadro che avete dipinto nel libro?

Molti. Ma se dovessi indicarne alcuni, direi innanzitutto Roberto Farinacci, il ras di Cremona, passato alla storia come l’«anti-duce». Si spacciava per il più intransigente dei gerarchi, il custode dell’ortodossia ideologica e della purezza morale del fascismo. Nei rapporti della polizia segreta di Mussolini veniva definito ironicamente «il Robespierre in camicia nera». Perché in realtà era il più corrotto di tutti. Uomo scaltro e senza scrupoli, era riuscito a impossessarsi di documenti importanti e a volte di interi archivi, e con quelli ricattava Mussolini, suo fratello Arnaldo e gli altri gerarchi più in vista.

E poi direi i suoi due uomini di fiducia, che lo avevano aiutato a costruire la sua rete di potere: Enrico Varenna e Arturo Osio. Il primo era il suo uomo di «intelligence» e di relazioni negli ambienti ovattati, sulfurei. Il secondo, a lungo direttore della Bnl, era invece il suo braccio finanziario. Osio, e questo è sicuramente l’aspetto più interessante che meriterebbe ulteriori approfondimenti, sopravvisse a Farinacci e, dopo la guerra, diventò un potente gestore di relazioni di influenze. Basti pensare che il suo salotto romano era frequentato da personaggi del calibro di Leo Longanesi, Roberto Rossellini, Mino Maccari, Ernesto Fassio, Carlo Pesenti, Renato Angiolillo, Luigi Sturzo, Franco Marinotti, Adriano Olivetti e tanti altri. Chissà se conoscevano l’intera storia di Osio.

Mussolini faceva parte degli ingranaggi di corruzione o ne è rimasto fuori?

Sicuramente era al corrente di tutto, visto che tra il 1922 e il 1943 aveva costruito un suo poderoso archivio privato, su cui si basa il nostro libro, in cui erano documentati i traffici dei suoi gerarchi. Ma chi si occupava direttamente dei suoi affari era il fratello Arnaldo. E Farinacci, che lo sapeva benissimo, sapeva come tenerlo in pugno.

TWO BY TWO il nuovo romanzo di Nicholas Sparks

TWO BY TWO è il mio ventesimo romanzo. Una cifra tonda che ho voluto festeggiare con qualcosa di veramente speciale. Pensando ai protagonisti del mio nuovo lavoro, Russell, un giovane uomo col cuore a pezzi, e la sua tenerissima bambina London, ho chiesto al cantante JD Eicher, di scrivere una canzone solo per loro, una colonna sonora alla loro storia. JD ha colto perfettamente il rapporto speciale che esiste tra padre e figlia, e il risultato è magnifico.”

Nicholas Sparks

Dopo Nei tuoi occhi, e una lunga attesa, il nuovo romanzo di Nicholas Sparks è uscito negli Stati Uniti lo scorso 4 ottobre con il titolo Two by two e sarà in tutte le librerie italiane nel 2017.

Qui la canzone!

Stephen King, la trilogia di Bill Hodges e la sfida di una traduzione.

Cari lettori di King, e cari lettori,

La pubblicazione del capitolo conclusivo della trilogia hard-boiled di Stephen King ci ha messo davanti una sfida particolarmente audace, quella di tradurre il titolo originale del romanzo, End of Watch. E non è la prima volta (uno dei titoli di King più difficili da trasporre in italiano è stato Everything is Eventual, la raccolta di racconti diventata Tutto è fatidico: se volete, in un altro momento, vi diciamo perché).

Stephen King gioca da sempre con le parole e tradurlo è un ottovolante professionale che richiede pazienza e fantasia, competenze linguistiche e curiosità, fedeltà e logica. King è un signore che mastica da sempre cultura alta e bassa mescolandole in un linguaggio ricchissimo di sfumature e significati.

Questo vale anche per i titoli e, mentre Mr. Mercedes, che dire, non è stato un problema, già Finders Keepers ci ha messo alla prova (è il nome dell’agenzia di Bill, ma è anche la metà di un detto: “Losers Weepers Finders Keepers” – letteralmente “Chi perde piange Chi trova tiene”. In italiano esiste un vecchio detto simile: “Chi perde paga Chi trova tiene” la cui prima metà è ancora in uso. Il titolo del libro, dunque, che anticipa il suo contenuto, è diventato Chi perde paga).

Figuriamoci End of Watch, un’espressione che contiene tre significati, oltre a essere la più suggestiva delle sinossi. Il primo significato, quello materiale, fa riferimento al “cartellino” dei poliziotti, che timbrano alla fine del loro turno, e succede in tutto il mondo. Quindi Fine turno è diventato il titolo italiano, semplice e immediato, come vuole l’autore. Gli altri significati, quelli metaforici, li scoprirete leggendolo.

Sperling & Kupfer

Premio Com&Te a Emilio Targia per “Quella notte all’Heysel”

Premio Com&Te a Emilio Targia per Quella notte all’Heysel

Assegnato il prestigioso premio Com&Te “Comunicazione, giornalismo e dintorni” dedicato allo sport  a Emilio Targia e Maurizio De Giovanni.

Questa la motivazione del premio per l’opera Quella notte all’Heysel: «È un racconto autobiografico e di una pagina fra le più tristi in assoluto dello sport e del calcio in particolare. Una scrittura fluida e consapevole che consente a Emilio Targia di tracciare un vissuto personale – diventato poi collettivo per la drammaticità degli eventi, fatto di emozioni, paura, rabbia e sofferenza -, equilibrato però da una ricca e puntuale documentazione dei fatti, che ancor più avvalorano giudizi e valutazioni pienamente condivisibili.

Un lavoro apprezzabile, ma anche una testimonianza di ciò che lo sport non deve essere e un monito per il futuro, soprattutto, ma non solo, per i giovani di oggi. Un libro per non dimenticare».

Il premio è stato assegnato nell’auditorium dell’istituto Della Corte-Vanvitelli, di Cava de’ Tirreni, dalla giuria popolare degli studenti, intitolata alla memoria del giornalista Giancarlo Siani.

NOTHING MORE – la nuova serie di Anna Todd

Travolgente, unica, imperdibile: la nuova storia d’amore firmata da Anna Todd, seguitissima autrice di AFTER.

«Sono entusiasta all’idea che tutti conoscano Landon Gibson. Che l’abbiate solo sentito nominare o che lo abbiate già conosciuto nella serie Aftersono sicura che amerete la sua storia.»

Anna Todd

Il conto alla rovescia può iniziare!

Nothing More la nuova, attesissima serie di Anna Todd, uscirà in Italia per Sperling & Kupfer in due volumi: NOTHING MORE. DOPO DI LEI in libreria dal 25 ottobre NOTHING MORE 2. CUORI CONFUSI in libreria dal 22 novembre.

Dopo il successo mondiale di After, più di cinque milioni di copie vendute nel mondo, di cui oltre un milione soltanto in Italia, Anna Todd firma una nuova storia d’amore romantica, passionale e imprevedibile… che crea dipendenza.

Il protagonista? Uno dei personaggi più amati del mondo di After, Landon Gibson.

L’abbiamo conosciuto come impacciato e un po’ ingenuo, eppure Landon Gibson è anche bello, gentile, atletico e divertente e molte sorprese attendono il suo cuore.

Ma l’amore, a volte, è un vero casino. Messo alla prova, Landon saprà confermarsi il bravo ragazzo, fedele, serio e perfetto, il “marito ideale” che tutti credono?

SIAMO TUTTI IN CERCA

DI UN AMORE INFINITO.

NIENTE DI PIÙ. NIENTE DI MENO.

La religione gattolica: vi spieghiamo cos’è!

La religione Gattolica

I gattolici potranno approfondire la lettura dei Testi Sacri, quali Il Vecchio e Il Nuovo Miagolamento, I Vanpeli Gnaulistici, Il Soriano, Il Miao Te Ching, Il Ghattapada, La Bhagattacc’ gītā. Si accosteranno alle diverse Confessioni e agli Ordini gattolici, conosceranno i Luoghi e le Figure del culto. Impareranno I canti sacri dei Gatti e diffonderanno il Miagos presso i non ancora gattolici, insegnando loro la corretta adorazione del Gatto secondo I canoni esoterici ed essoterici.

I diritti d’autore sono devoluti ai gattili e alle associazioni animaliste. Regalatelo! Aiuterete tanti Gatti sans papiers a trovare una buona famiglia.

Scopo del libro è l’adozione del Gatto, ovvero il raggiungimento dell’armonia.

Grazie, e buon divertimento!

La religione Gattolica  rappresenta la religione con più fedeli al mondo, in quanto molto spesso i cristiani, i protestanti, gli ebrei, gli ortodossi, i musulmani, i buddhisti, gli induisti e anche gli atei conclamati sono fedeli gattolici.

La religione gattolica è l’unica religione al mondo che mette tutti d’accordo. Da perfetti sconosciuti, i gattolici di tutto il pianeta passano ore a raccontarsi i prodigi dei propri amati, e attraverso i gatti creano un contatto con il divino. Sono solidali tra loro, e risolvono i problemi con sorprendente concretezza. Non ci sono guerre tra i gattolici delle diverse confessioni. Ci sono invece incessanti scambi di foto e racconti di epico registro.

Il gatto è un archetipo attivo, e rappresenta una dimensione psichica realizzata nella grazia, nella bellezza, nell’armonia.

Avendo per maestri i gatti, gli esseri umani realizzano la pienezza. Questo libro è dedicato ai gattolici, che si riconosceranno e potranno diffondere il Miagos con maggiore consapevolezza, e ai non ancora gattolici, affinché trovino il cammino che li avvicinerà ai gatti, ovvero alla propria felicità.

(Dal prologo del libro)

RAIS: la parola all’autore Simone Perotti

Ho scritto questo romanzo disattendendo quasi tutte le regole dell’editoria di questa epoca, e del buon senso.

E’ lungo; ha quattro voci diverse che raccontano i fatti da altrettante diverse angolazioni; è una storia “in costume”, ambientata nel ‘500; è pieno di personaggi; uso registri stilistici diversi; una delle voci è un flusso senza punti, in cui il lettore deve trovare la sua “musica”; il titolo è enigmatico, non spiega nulla di noto; è un romanzo letterario, di quelli che invece di andare verso ciò che il lettore sa già lo chiamano verso lo spazio ignoto che lui ignora; scrivo tutto, senza veli, sbatto in faccia al lettore i suoi vizi, le sue paure, le sue meschinità, le sue ipocrisie.

Nella narrativa contemporanea si sta molto attenti a non farli, questi errori. Un libro lungo costa di carta e stampa, dunque ha un prezzo più alto, e poi i lettori si spaventano per la mole. I tanti personaggi disorientano, le storie in costume vengono avvertite come troppo lontane. Per farne un film servirebbero troppi soldi, nessuna produzione sosterrebbe uno sforzo simile.

Non so se lo avete notato, ma la narrativa di oggi, per larga parte, fa di tutto per ingraziarsi il lettore. Gli va incontro sorridendo, lo segue nei suoi ambienti conosciuti, gli parla con la sua lingua, lo fa riconoscere nelle sue più ovvie aspirazioni, lo blandisce con i luoghi più comuni, usa marche e oggetti a lui familiari, come per farlo sentire a casa, lo aiuta con frasi corte, come fosse un minorato mentale, capitoli brevi, poche pagine in totale, storie esilissime, molti dialoghi. Trovo questa pratica, quando fatta ad arte, la fine di ogni opera intellettuale e di scrittura letteraria.

Per questo, terminando questo mio nuovo romanzo, sono molto orgoglioso della libertà e del coraggio che è costato. A me e al mio editore.

Ma c’è dell’altro.

Alcuni miei libri, negli ultimi dieci anni, hanno avuto successo. Quel che dovevo e potevo fare per cavalcare il favore del pubblico lo so bene io, come possono intuirlo tutti, anche i non addetti ai lavori. E’ quello che si fa comunemente, preferendo scrivere ciò che “si deve” rispetto a ciò che “si vuole”.

Tuttavia, ho capovolto la mia vita per cosa? Per essere libero, il più autentico e libero possibile. E allora? Non potevo seguire il faro dell’opportunità. Sarebbe stato un calcio sugli stinchi della mia storia.

Mi sono messo a studiare senza contratto con alcun editore, senza tempo stabilito, senza alcuna garanzia o scadenza. Poi mi sono accinto a scrivere senza neppure sapere se qualcuno avrebbe mai pubblicato il frutto di questa enorme impresa. Mi sono goduto il tempo dello studio e della scrittura senza vincoli, libero di assecondare la mia emozione verso la storia e i suoi personaggi. E fatalmente, a riprova che il nostro destino non ci indica mai la strada ma lo incontriamo lungo la via giusta dopo averla già intrapresa, un editore ispirato, illuminato e coraggioso si è innamorato dell’idea e mi ha sostenuto.

Ecco perché sono molto felice di aver concluso questo lavoro, proprio poco fa. E’ costato anni di studi e di impegno, compiuti alla luce della grande gioia della libertà e della creatività. Nulla come questo romanzo mi identifica e mi rappresenta. Nulla di ciò che ho scritto fin qui. Qualcuno che lo ha letto mi ha detto: “un romanzo così non lo scriverai mai più”.

Cercare ciò che ha senso, perseguirlo con cura, con la determinazione delle scelte impopolari e non opportune, ma vere e sentite, credo sia la maggiore garanzia che si può offrire a un lettore. Potrà amare o odiare quello che scriviamo, ma sarà certo che nessuno lo avrà preso in giro.

FINE TURNO – gli appuntamenti da non perdere

Ci sono appuntamenti da non perdere: ne sa qualcosa Bill Hodges, che ha, proprio in FINE TURNO, un rendez-vous con il temibile Brady.

Abbiamo già parlato qui della trilogia scritta da Stephen King (e qui trovate i primi due libri in edizione tascabile), ma FINE TURNO merita un approfondimento speciale. Il perché lo scoprirete seguendoci, in questo percorso articolato tra ispirazioni (dello stesso King) e riflessioni a più voci, tra interviste e interventi. Perché i libri sono di chi li legge e aprono, si sa, infiniti mondi.

“La chiamano FINE TURNO però in realtà Hodges non è mai riuscito a considerarsi finito.”

Ecco il nostro calendario:

– 11 ottobre recensione di FINE TURNO su stephenking.it 

– 18 ottobre intervista a Giovanni Arduino, traduttore di Stephen King, su sperling.it

 25 ottobre chi ha ispirato la trilogia di Stephen King? Un’analisi in tre momenti su su stephenking.it 

 3 novembre chat con Giovanni Arduino sul gruppo Facebook Stephen King Italia: si parlerà esclusivamente della trilogia di Hodges!

Ma non finisce qui, perchè proprio durante la chat del 3 novembre verrà annunciata una sorpresa (se sperate che King venga in Italia, no! non si tratta di questo!)

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