Dai buchi neri alle strutture della mente – Fabio Fracas 37

Dai buchi neri alle strutture della mente

Forse la coscienza evolve da calcoli complessi nei neuroni del cervello, come afferma la maggior parte degli scienziati? O la coscienza, in un certo senso, è lì da sempre, come sostengono gli approcci spirituali? Questa riflessione apre un potenziale vaso di Pandora, ma la nostra teoria concilia entrambi questi punti di vista, suggerendo che la coscienza derivi da vibrazioni quantiche nei microtubuli, polimeri proteici all’interno dei neuroni cerebrali, che governano le funzioni neuronale e sinaptica, e collegano i processi cerebrali ai processi di auto-organizzazione nella struttura quantica fine ‘proto-cosciente’ della realtà.”

 

Un’affermazione sconvolgente – tratta dall’articolo “Consciousness in the Universe: A Review of the Orch OR Theory”, Physics of Life Reviews, 2014 e riportata nel decimo capitolo del saggio “Il mondo secondo la Fisica Quantistica” – firmata da Roger Penrose e da Stuart Hameroff. Roger Penrose, in particolare, è un matematico e fisico dell’Università di Cambridge insignito del titolo di “Sir” per le sue molte scoperte e per i lavori realizzati assieme a Stephen Hawking con cui, nel 1988, ha anche vinto il Premio Wolf per la fisica.

Com’è logico che sia, contro questa posizione si sono espressi altri scienziati come il fisico Max Erik Tegmark, autore a propria volta di un’argomentazione matematica a sostegno dell’ipotesi del Multiverso. L’importante, come sempre, non è l’affermazione di una “verità a prescindere” basata sulle nostre personali convinzioni quanto l’instaurarsi di un confronto serio, aperto e costruttivo fra tutti gli scienziati. Perché, come aveva già ben compreso Werner Karl Heisenberg: “la fisica innumerevoli volte non è una rappresentazione della realtà, ma del nostro modo di pensare ad essa”.

Fabio Fracas

Alla scoperta della città bianca

Tasio Ortiz de Zárate è stato condannato come serial killer. È accusato di aver ucciso seguendo una logica macabra, lungo un percorso ideale nella tranquilla città di Vitoria.

Ma di che città parliamo?
Vitoria-Gasteiz è capoluogo de facto dei Paesi Baschi nonché capoluogo ufficiale della provincia di Álava.
La città fu fondata nel 1181 dal Re di Navarra con il nome di Nueva Vitoria, e venne costruita accanto al villaggio di Gasteiz, fondato dai visigoti nel 581. La città è divisa in due parti: quella antica in alto sulla collina, quella moderna in basso.

La posizione strategica di Vitoria, sulla strada più corta di collegamento fra la Castiglia e il Nord Europa, ha posto questa città sempre al centro di attività commerciali. Vitoria in passato è stata anche una delle tappe del Camino de Santiago: i pellegrini che ovviamente si servivano della strada più corta e meno disagiata trovavano qui possibilità di sosta, di raccoglimento e preghiera nella famosa cappella dedicata a Santiago ed anche di cura nell’ospedale de Santiago de la Plaza.

Il quartiere medievale antico con le caratteristiche case con balconi a sporto (miradores) è considerato fra i più bei centri storici del nord della penisola iberica. Per via della sua forma caratteristica viene soprannominato la Almendra Medieval (Mandorla Medievale). L’edificio antico più importante è l’antica Cattedrale di Santa Maria o Catedral Vieja (vecchia), come si conosce popolarmente, eretta nel punto più alto della collina del Campillo, nella parte più antica di Vitoria, dove nel 1181 venne fondato il primo nucleo di abitazioni.

In origine, la chiesa fungeva anche da fortezza e formava parte del sistema difensivo medievale della città.

Cuore della vita cittadina, e posta ai piedi della collina, è la Plaza de España o Plaza Nueva creata nel 1791. Luogo della Fiesta de Vitoria è la Plaza de la Virgen Blanca. Altri edifici civili sono la Casa del Cordon del XV secolo e il Palacio Ajuria-Enea. Il Museo Archeologico, collocato in Plaza de la Burullería, uno dei quartieri più belli della città, conserva reperti preistorici e romani.

I quartieri moderni con larghe strade e viali alberati sono immersi nel verde dei giardini e dei parchi interni o contigui alla città, come il Parque de la Florida, il Prado, il Parque de Molinuevo e l’Anillo verde che circonda tutta la zona urbana.

PREMIO PEN AMERICA A STEPHEN KING

Il premio viene consegnato ogni anno a un autore acclamato dalla critica il cui lavoro incarna la missione di PEN America di opporsi alla repressione in qualsiasi forma e di sostenere il meglio dell’umanità. 

Stephen King è autore di oltre 50 libri, inclusi classici come It, Misery, 22/11/63, On Writing e molti altri, che hanno ispirato grandi film e hanno segnato il  gusto  culturale di diverse per generazioni. Tra i suoi numerosi riconoscimenti ci sono la Medaglia della National Book Foundation del 2003 per il Distinguished Contribution to American Letters e la Medal of Arts National 2014 conferita da Barack Obama. Le sue rappresentazioni della violenza hanno fatto di lui uno degli autori più proibiti degli ultimi decenni. King è un appassionato sostenitore della libertà di espressione, alfabetizzazione e accesso alle informazioni, che lui e sua moglie Tabitha sostengono da anni. La King’s Haven Foundation fornisce anche un sostegno unico e generoso agli scrittori e altri liberi professionisti delle arti in difficoltà.

Non estraneo al lato oscuro, Stephen King ci ha ispirato a sfidare le forze del male attraverso i suoi libri, la sua generosità e la difesa della libertà di espressione. Amatissimo dal pubblico, Stephen ha usato la sua posizione di privilegio per parlare delle crescenti minacce alla libertà e alla democrazia dei nostri tempi.

La sua vivida narrazione non ha confini e cattura moltitudini di lettori, giovani e vecchi, in questo paese e in tutto il mondo, di ogni fede politica. E aiuta tutti noi a confrontarci con i nostri demoni, sia che si tratti di un pagliaccio ballerino o di un presidente cinguettante.

-Andrew Solomon, Presidente, PEN America

…et homines dum docent discunt – Fabio Fracas 36

“C’è un vantaggio reciproco [nell’insegnare], perché gli uomini, mentre insegnano, imparano.”

La frase appena riportata non è stata scritta recentemente. È un’affermazione di Lucio Anneo Seneca, inserita nel Libro 1 – 7:8 delle sue “Lettere a Lucilio”.

Una riflessione di quasi duemila anni fa – le ‘lettere’ furono scritte fra il 62 e il 65 d.C. – che mantiene anche oggi inalterata la propria validità. E ne ho avuto esperienza diretta proprio ieri, durante la presentazione del saggio “Il mondo secondo la Fisica Quantistica” che ho tenuto nell’ambito del progetto di formazione sulle nuove frontiere della fisica davanti a una platea competente e interessata composta da insegnanti delle scuole secondarie superiori di Padova.

I primi quattro capitoli de “Il mondo secondo la Fisica Quantistica”, infatti, sono specificatamente indirizzati a tutte le persone che desiderano approcciare questa branca della fisica confrontandosi con le logiche, le persone e le intuizioni che ne hanno caratterizzato la genesi e lo sviluppo. In quest’ottica – com’è emerso anche nell’incontro di ieri – possono rivelarsi un utile strumento a disposizione degli insegnanti, sia degli ultimi anni delle scuole superiori sia dei primi anni dell’università, che vogliono comunicare la valenza della rivoluzione quantistica ai propri allievi. E naturalmente, come chiariva Seneca nei propri scritti, riscoprire con loro le ripercussioni, le fascinazioni e le implicazioni di questo innovativo approccio alla realtà e al mondo che ci circonda.

 

Fabio Fracas

 

(Nella foto: Richard Feynman, nel 1963, mentre insegna al CERN)

The Outsider

Esce il 22 Maggio, negli Stati Uniti The outsider, il nuovo, attesissimo romanzo di Stephen King.

The outsider sarà pubblicato in autunno da Sperling & Kupfer, e verrà tradotto da Luca Briasco.

Sempre il 22 Maggio, Stephen King riceverà il premio PEN Award dalle mani dell’attore Morgan Freeman (già protagonista del film Le ali della libertà tratto da un racconto dell’autore).

 

Di cosa parlaThe outsider?

Nel parco di una cittadina di provincia l’orrore prende il corpo di un ragazzino di undici anni, massacrato barbaramente. Le indagini portano al suo insegnante, e il suo arresto lascia tutti senza fiato: lui sembrava proprio la classica brava persona della porta accanto. E in più ha un alibi di ferro. Allora chi è l’assassino? La risposta di King è sconvolgente.

STEPHEN KING vive e lavora nel Maine con la moglie Tabitha. Le sue storie sono clamorosi bestseller che hanno venduto centinaia di milioni di copie in tutto il mondo e hanno ispirato registi famosi come Brian De Palma, Stanley Kubrick, Rob Reiner e Frank Darabont. Accanto ai grandi film, innumerevoli gli adattamenti televisivi tratti dalle sue opere. King, oggi seguitissimo anche sui social media, è stato insignito della National Medal of Arts dal presidente Barack Obama.

 

Intervista a Matteo Poletti

 

Una breve intervista a Matteo Poletti, autore di  un giallo tutto italiano, ironico e coinvolgente.

Il tuo romanzo Splendida giornata per un funerale è un giallo atipico, dove alla ricerca della verità non c’è un commissario ma un trentenne che per lavoro si trova ad avere a che fare con la morte ogni giorno. Com’è nato questo personaggio?

Sono sempre stato appassionato del genere giallo ma il commissario o in generale il poliziotto che indaga ormai ce lo hanno propinato in tutte le declinazioni possibili. Volevo inventare qualcosa di nuovo, estraneo alle logiche di polizia. Mi piaceva l’idea di un ragazzo qualsiasi, uno di noi, catapultato in una situazione che non conosce. Il personaggio di fatto non indaga, perché non ha le competenze.

Piuttosto va alla ricerca, non solo della verità ma anche di se stesso. Inoltre, un trentenne che vorrebbe fare altro nella vita e si trova ad accettare un lavoro che non gli appartiene (come può essere il becchino) è una condizione altamente diffusa oggi in Italia. Ventenni e trentenni con una passione o con diversi titoli di studio, per sbarcare il lunario devono accettare lavori qualsiasi, sfruttati e sottopagati, con contratti che durano a volte due settimane. Purtroppo è una condizione sempre più presente nel mondo del lavoro oggi. Volevo renderla evidente.

 

La Valsusa, il paesino di Novalesa: un’ambientazione fortemente connotata. Cosa significano per te questi luoghi e perché li hai scelti per mettere in scena questa storia? 

A livello di trama, mi serviva una location “di provincia”. Quindi ho parlato di ciò che conosco, dei luoghi in cui sono vissuto. Io sono nato e cresciuto in Valsusa, amo le mie montagne, amo andare a camminare e godermi la natura. È una valle ricca di posti splendidi, paesaggi meravigliosi e paesini degni di nota, come Novalesa. Per questo da anni lottiamo contro i progetti di cementificazione volti a distruggere l’ambiente e il territorio (come può essere il progetto Tav).

Parlare delle mie montagne era un altro modo per farla conoscere, per incuriosire il lettore, spingerlo a prendere uno zaino e venire a camminare sui nostri sentieri.

Accanto a pagine cariche di suspense, sono molte quelle che fanno sorridere il lettore. Quanto è importante per te l’ironia, anche in una vicenda che parla di morti e sparizioni? 

Proprio perché parlo di morti, della morte in generale, proprio per il lavoro di becchino del protagonista era indispensabile usare l’ironia. È un’ancora di salvezza, ci permette di esorcizzare gli aspetti più tragici e di superarli. Non solo nel mio libro ma in generale nella vita, ironia e leggerezza ci salvano da situazioni di angoscia.

Ho usato momenti di comicità proprio per questo. Spesso durante veglie funebri e funerali ho assistito a scene comiche o grottesche. Perché davanti alla scomparsa di persone care siamo spaventati, impreparati, a volte risultiamo retorici o fuori luogo. Cogliere questi aspetti e trovare il lato comico ci permette di metabolizzare qualcosa che è più grande di noi e che ci destabilizza. Ho tentato di usare questa chiave e un tono più leggero, proprio per coinvolgere il lettore e non appesantirlo.

 

 

 

Nota dell’autore: Matteo Poletti scrive.

Splendida Giornata Per Un Funerale parla di passato e presente, di vita e di morte. Nemo, il protagonista, seppellisce defunti e per tre quarti del libro si sente morto anche lui. È una condizione abbastanza diffusa tra la mia generazione, visti anche i tempi difficili, dal punto di vista sociale, emotivo e lavorativo.

Nel libro parlo di accidia, dell’immobilità che ci impedisce di cambiare, di prendere la nostra strada, di evolvere. Il protagonista è in stallo. Ed è legato ad un passato che ha messo da parte ma che ritorna prepotentemente, sottoforma di un amico scomparso durante gli anni del liceo. Attraverso la ricerca di questo amico, e quindi di una verità che tutti fingono di non conoscere, Nemo ritrova se stesso, supera la sua immobilità, riesce a chiudere i conti con il passato e a gettare le basi per quello che potrà essere il suo futuro, rivitalizzando la sua creatività e la sua passione per la fotografia.

 

 

Dadi e interpretazioni – Fabio Fracas 35

Dadi e interpretazioni

“Prima dell’avvento della Fisica Quantistica, non c’era alcun dubbio in proposito: nella teoria di Newton la realtà era rappresentata da punti materiali nello spazio e nel tempo; nella teoria di Maxwell, dal campo nello spazio e nel tempo. Nella Meccanica Quantistica la rappresentazione della realtà non è così facile. Alla domanda se una funzione ψ della Teoria Quantistica rappresenti una situazione reale effettiva, nel senso valido per un sistema di punti materiali o per un campo elettromagnetico, si esita a rispondere con un semplice ‘sì’ o ‘no’. Perché?”

In questa riflessione di Albert Einstein, del 1949, c’è il senso profondo della rivoluzione quantistica, e contemporaneamente la presa d’atto del cambiamento di approccio, anche filosofico, necessario per affrontarla.

Einstein, dopo la presentazione dei due modelli della Meccanica Quantistica, nel 1926, aveva scritto a Bohr alcune frasi destinate a diventare celebri: “La Meccanica Quantistica è degna di ogni rispetto, ma una voce interiore mi dice che non è ancora la soluzione giusta. È una teoria che ci dice molte cose, ma non ci fa penetrare più a fondo il segreto del Grande Vecchio. In ogni caso, sono convinto che questi non gioca a dadi col mondo”.

Com’è possibile che lo stesso scienziato che aveva individuato il quanto dell’energia elettromagnetica, il fotone, con queste parole si dimostri così riluttante ad accettare la nuova realtà della fisica? I motivi sono più d’uno, ed è proprio al loro approfondimento che è dedicato il Capitolo 3 de “Il mondo secondo la Fisica Quantistica”. Un capitolo fondamentale per comprendere la novità di quella che sarebbe passata alla storia come l’Interpretazione di Copenaghen della Fisica Quantistica.

Fabio Fracas

(il contenuto precedente “Altre dimensioni” lo potete leggere qui)

Intervista a Ivana DI Martino – Correre è la risposta

«Ogni impresa mi serve a trovare una me stessa più forte e a raggiungere obiettivi che sembravano impossibili.» 
Ivana Di Martino, moglie, mamma di tre figli, corre da quando aveva 11 anni. Resistenza, impegno, sudore ma anche tanta energia e libertà mentale: ecco che cosa le regala la corsa. Poi Ivana scopre che il suo cuore ha dei problemi e deve essere operata. Dopo l’intervento ricomincia a correre, contro tutto e contro tutti, e dal 2013 decide di farlo a scopo benefico. Diventa famosa per le sue imprese impossibili e per la sua voglia di aiutare gli altri. Ivana Di Martino, 47 anni, un marito e tre figli, corre per se stessa e per gli altri. 

 

Cominciamo con il chiederti quando hai cominciato a correre e come mai a un certo punto hai dovuto fermarti.

Ho iniziato a correre per seguire le orme di mio fratello Stefano. Le mie prime scarpette le ho indossate a 11 anni.  Diventò subito una grande passione. Facevo tante gare, amavo tantissimo le campestri, il ricordo più acceso è il profumo dell’olio canforato che mia mamma mi spalmava sulle gambe, prima di iniziare. Mi piaceva la fatica, il sudore, i pianti e le gioie. La corsa mi ha accompagnato in tutti i momenti della mia vita: liceo, università, lavoro… sempre! Purtroppo nel 2010, a causa di un problema cardiaco e di un intervento, ho dovuto smettere per quasi due anni. Mi sentivo persa senza la corsa, ma poco alla volta, con l’aiuto dei medici, ho ricominciato. Correre mi fa sentire invincibile e riesce a spazzare via la tristezza e i dubbi.

Come hai superato questa fase della tua vita?

Nel 2012 avevo in braccio mia figlia Caterina, la più piccola, e ho pensato: l’anno prossimo girerò l’Italia correndo. E così è nato il mio primo progetto 21 volte donna: 21 mezze maratone in 21 giorni consecutivi. Dal Trentino Alto Adige alla Sicilia, per dimostrare alle donne, insieme all’associazione Doppia Difesa, che con la loro forza possono arrivare lontano.

Nel 2014 ho corso Running for Kids, un progetto di 21 giorni in 21 città diverse, risalendo l’Italia da sud a nord. Lo scopo era di sostenere i minori immigrati  in Italia, attraverso il progetto faro di Terres des Hommes. Sono partita da Catania con una maratona 42 km e ogni giorno sono scesa di due km per rappresentare simbolicamente la fatica del viaggio dei migranti. Nel 2015 ho corso Rexist Run con Dynamo Camp da Ventimiglia a Muggia, 700 km in 8 giorni.  Correndo, come spesso mi è successo nei momenti difficili, ho ritrovato la luce in una fase molto dolorosa della mia vita. Nel 2016 ho portato a termine werun4kids: 909 km da Milano a Bruxelles per portare un messaggio speciale in commissione Europea, sostenendo Banco Alimentare. Nel 2017, ho compiuto WhiteUltraRun, una corsa no stop di 341 km con 8000 m di dislivello.

Come sono le tue giornate oggi?

La mia giornata tipo comincia con la sveglia alle 5 e il primo allenamento. Torno a casa verso le 6.30, in tempo per svegliare Cecilia, 16 anni, e prepararle la colazione. Poi sveglio Filippo, 14 anni. Doccia, faccio colazione anch’io, sveglia per Caterina, 10 anni.

Dopo aver accompagnato Caterina a scuola inizio le mie attività: Bosch con il progetto Allenarsi per il futuro, e Licoaching, la società  di coaching fondata con Luca Borreca. In pausa pranzo il secondo allenamento, oppure esercizi, oppure nuoto. Dalle 14.30 alle 16.30 lavoro di nuovo, poi mi dedico completamente ai bambini.

Scienza della coscienza – Fabio Fracas 33

Io considero la coscienza come fondamentale e la materia un derivato della coscienza. Non possiamo andare oltre la coscienza. Tutto ciò di cui discutiamo, tutto ciò che noi consideriamo come esistente, richiede una coscienza.

Anche a questo pensiero di Max Planck, del 1933, è dedicato il convegno “Science of Consciousness”, che si terrà lunedì 16 aprile, a partire dalle ore 9.15, a Padova e a cui parteciperà come relatore anche Federico Faggin: fisico e inventore del primo microprocessore Intel 4004.

L’evento, promosso dal “Science of Consciousness Research Group” del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, ha lo scopo di presentare per la prima volta a studenti, docenti e al pubblico che interverrà, lo stato dell’arte della ricerca sulla natura della coscienza e sulla relazione fra esperienza soggettiva e mondo fisico. La scienza della coscienza è una disciplina nuova e intimamente interdisciplinare – comprendente le neuroscienze, la filosofia, la psicologia, la fisica, la biologia e l’antropologia – che indaga la relazione ancora incompresa tra la mente, il cervello e la realtà fisica. Il mio intervento presenterà quella parte del saggio “Il mondo secondo la Fisica Quantistica” dedicata a stabilire lo stato dell’arte degli studi attualmente in essere – con i vari pro e contro, e tutte le conseguenti riflessioni – dedicati all’eventuale esistenza di un rapporto fra fisica quantistica e cervello.

Durante il convegno verranno affrontati temi che spaziano dalle implicazioni epistemologiche alla base della scienza della coscienza, agli aspetti psicologici e neurobiologici (Enrico Facco ed Ernesto Burgio) per estendersi fino alla fisica dell’infinitamente piccolo (Fabio Fracas), dell’infinitamente grande (Giuseppe Tormen) e all’intelligenza artificiale (Federico Faggin). Il convegno sarà presentato e moderato da Daniela Lucangeli, prorettore dell’Università di Padova.

Fabio Fracas

Il grande fuoco di Krysten Ritter

Krysten Ritter è una donna bellissima, ex modella e ora attrice a tempo (quasi) pieno: è stata l’indimenticabile Jane Margolis di Breaking Bad, e adesso è la protagonista della serie Jessica Jones, eroina Marvel con superpotere indotto (ma odia chi le ricorda che “grande potere vuol dire grande responsabilità”, come diceva l’Uomo Ragno).

È attrice a tempo quasi pieno perché ha anche fondato la sua casa di produzione, la Silent Machine, contando di sviluppare progetti al femminile, così, tanto per dare valore al lavoro di altre attrici come lei. Non è attrice a tempo pieno perché le è venuta l’idea per un romanzo e lo ha scritto.

Ci ha messo tutto l’impegno, i ricordi della sua adolescenza in un paesino della Pennsylvania e il piacere di intrattenere i lettori con una buona dose di tensione psicologica e una protagonista tosta come certi suoi personaggi dello schermo.

Lo ha chiamato Il grande fuoco e ne ha fatto parlare tutta la stampa americana. Nel tempo libero, nella casa dove vive a New York, si prende cura del suo cagnolino e lavora a maglia, la sua personale pratica zen (noi per il momento ci sforziamo di respirare in modo regolare, che è già un bel passo avanti contro lo stress).

Indossa i maglioni che fa. Non è una supereroina, e se leggerete Il grande fuoco ​ capirete molto di lei, attraverso la protagonista Abby Williams: una che ha sempre lavorato sodo per ottenere quello che ha e che non molla fino a quando non risolve il mistero della scomparsa della sua amica. Krysten Ritter, come il suo libro, non è per niente una da dare per scontata. L’unico luogo comune che frequenta è Instagram.

 

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