Brevi riflessioni di fisica quantistica: Contaminazioni positive – (Fabio Fracas 44)

Contaminazioni positive sono quelle che generano le idee capaci di cambiare la nostra percezione del mondo. Persino la nostra rappresentazione della realtà. Pensare che tutto sia sempre immutabile e uguale a se stesso non è una strategia vincente, neanche dal punto di vista evoluzionistico. Eppure, a volte, succede che le nuove idee prima di potersi dimostrare corrette vengano aprioristicamente rifiutate perché sembrano contraddire tutto ciò in cui si credeva fino all’attimo prima.

La fisica quantistica, con le sue logiche controintuitive, ne è un ottimo esempio. Quelle caratteristiche che una volta erano considerate “impossibili”, adesso sono comunemente accettate. L’accogliere il cambio di paradigma imposto dalla rivoluzione quantistica ha permesso alla ricerca scientifica di ottenere risultati prima considerati inimmaginabili. Adesso, in questo stesso percorso di conoscenza, è giunto il momento di fare un ulteriore passo in avanti. Per affrontare le nuove sfide che la ricerca ci pone – tutte le sfide della modernità – è necessario che fisica, matematica, ingegneria, informatica ma anche chimica, biologia, medicina e tutte le altre scienze, collaborino fra loro in un’ottica di libertà di pensiero e di continua contaminazione reciproca. Un’ottica interdisciplinare volta all’unico fine della pura comprensione del mondo. Sia di quello microscopico che di quello macroscopico.

Solo una ricerca scientifica libera da pregiudizi e da preclusioni, e contemporaneamente solida e capace di far dialogare fra loro scienziati che operano in ambiti differenti, può tentare di avvicinarsi al grande mistero della natura. Perché, come disse Richard Phillips Feynman nel 1955 – nel famoso discorso “Il valore della scienza” – “[…] la visione del mondo che scaturisce dal lavoro scientifico ci ha portato a immaginare cose infinitamente più affascinanti delle fantasie dei poeti e dei sognatori del passato. Ciò dimostra che la fantasia della natura supera di gran lunga quella dell’uomo”.

Sport & Benessere

Riscoprire le proprie passioni e ritrovare il benessere fisico e spirituale attraverso la lettura. Se avete la passione per lo sport, vi proponiamo cinque letture imperdibili: storie di vite esemplari che invitano il prossimo a non arrendersi mai e da cui trarre la giusta ispirazione per ritrovare se stessi o rivivere i grandi momenti della storia sportiva mondiale.

Il tennis è musica” di Adriano Panatta, un racconto appassionato e scanzonato, epico e ironico, per ritrovare l’atmosfera delle grandi competizioni.

Correre al naturale” di Davide Vecchioni, un metodo rivoluzionario per cambiare il modo di camminare e di correre, per riscoprire il vero piacere della corsa.

Correre è la risposta” di Luca Borreca e Ivana De Martino, una storia ricca di adrenalina e dolcezza, sulla forza e la voglia di vivere che spinge a superare tutti gli ostacoli e a realizzare i propri sogni.

Il profumo dell’asfalto” di Giancarlo Fisichella, un racconto ad alta velocità che è adrenalina pura, per rivivere ricordi indimenticabili, pagina dopo pagina.

Nord. L’ultramaratona selvaggia che mi ha cambiato la vita” di Scott Jurek e Jenny Jurek, una storia di perseveranza e trasformazione personale. Il ritratto di un uomo messo a nudo davanti al più grande degli ostacoli: se stesso.

Sono un pellegrino sul cammino per Santiago di Compostela

«Sono un pellegrino sul cammino per Santiago di Compostela. Ho scelto di percorrerlo facendo voto di silenzio: pertanto tu parlami, ma io potrò comunicare con te solo scrivendo.»

Con questo biglietto, scritto in cinque lingue, Claudio Pelizzeni ha percorso a piedi gli oltre duemila chilometri che separano Bobbio da Santiago di Compostela.

Tante sono le persone che ogni anno intraprendono “il Cammino”, il viaggio per eccellenza: c’è chi lo fa come pellegrinaggio della fede; c’è chi lo affronta in maniera laica, come tappa simbolica di un percorso personale o, più semplicemente, come esperienza immancabile nel curriculum di un viaggiatore che si rispetti.

Per Claudio, che dopo aver attraversato il mondo senza aerei è diventato uno dei più famosi travel blogger italiani, il Cammino di Santiago ha rappresentato un ritorno all’essenza stessa del viaggio: «gli incontri, le persone, la vita, quella vera; il muoversi secondo le stagioni e il ritmo del sole». È stato un disconnettersi dal mondo virtuale che ormai segna le sue – e le nostre – giornate, per tornare ad ascoltare se stesso, il suo corpo e i suoi pensieri. Senza parlare, per mettersi totalmente all’ascolto degli altri: pronto ad accogliere le storie di chi avrebbe incontrato lungo la strada.

Sarà Claudio stesso a raccontarci com’è andata, in un nuovo libro che uscirà la primavera prossima. Si intitolerà Il silenzio dei miei passi, e già non vediamo l’ora di partire con lui tra le pagine del suo Cammino.

Cuore di riccio

Tutto è iniziato per caso: sostituii un collega veterinario e mi ritrovai ad accudire un cucciolo di riccio, spaventato e solo, che qualcuno gli aveva portato.
Vederlo così piccolo fece breccia nel mio cuore. Sentii che dovevo prendermi cura di lui. Anzi di lei, perché il riccetto era una femmina, che chiamai Ninna. Questa storia forse già la conoscete, l’ho raccontata in 25 grammi di felicità, il mio primo libro, scritto con Antonella Tomaselli, che è diventato un bestseller in Italia e ora sta facendo il giro del mondo. Ci siamo conquistati persino la prima pagina del Wall Street Journal!
Ma la storia non finisce qui: la voce si è diffusa e dopo Ninna, sono arrivati a casa mia tanti altri ricci. Chiunque ne trovasse uno in difficoltà me lo portava. Tanto che alla fine ho lasciato la professione e ho fondato il Centro di recupero ricci “La Ninna”. Ogni giorno io e i volontari che mi affiancano ci impegniamo per salvare queste deliziose creature.
Le auto, i decespugliatori, i pesticidi, l’incuria degli uomini li mettono costantemente in pericolo e oggi i ricci sono una specie in via d’estinzione. Noi tentiamo di salvarli e curarli per rimetterli in libertà. Ma purtroppo non sempre ci riusciamo: alcuni animali sono così debilitati e feriti che restano disabili e non potrebbero sopravvivere. Ecco, loro sono i miei ospiti speciali. Rimangono con me nel centro, dove vengono accuditi, nutriti, coccolati e magari un po’ viziati.
Ci tengo moltissimo a loro: anche se è un grande impegno assisterli, sono diventati per me inattesi, preziosi maestri. Mi hanno insegnato l’empatia, la pazienza e la forza inesauribile della vita. Soprattutto Lisa, la mia piccola “guerriera dei boschi”. Era arrivata in condizioni disperate, un trauma cranico l’aveva resa emiplegica eppure, testarda e ostinata, ha superato ogni crisi rialzandosi più combattiva di prima. A lei e agli altri ospiti speciali del centro è dedicato il mio nuovo libro Cuore di riccio. Racconta di Lisa, Pipino, Musetta, Ditina e di moltri altri spinosetti che mi hanno insegnato e regalato tanto. E racconta di Franca, mia madre, da poco mancata: nei due anni in cui ha affrontato la sua malattia, è stata anche lei un esempio di amore e coraggio, a cui voglio un mondo di bene.

Brevi riflessioni di fisica quantistica: Il batterio di Schrödinger – (Fabio Fracas 43)

Che rapporto c’è fra fisica quantistica e biologia? Più specificatamente, quali particolarità quantistiche potrebbero essere evidenziate analizzando i processi biologici che già descriviamo tramite la fisica classica?

Non è una domanda facile da porsi perché innesca una serie profonda di riflessioni sulla Natura e su come solitamente la intendiamo.

Riflessioni che – anche all’interno della stessa comunità scientifica – ingenerano, a volte, reazioni e prese di posizione molto distanti fra loro.

Eppure, gli studi e le pubblicazioni che testimoniano come la meccanica quantistica sia direttamente coinvolta in fenomeni biologici come, per esempio, la fotosintesi delle piante o l’orientamento delle specie migratorie, sono oramai accettati e divulgati. Ed è di pochi giorni fa la pubblicazione su “Scientific American” di un articolo che potrebbe segnare una nuova pietra miliare proprio in questa direzione.

Il pezzo, in realtà, riprende la presentazione dell’ottobre 2018, sul “Journal of Physics Communications”, di uno studio diretto dall’italiana Chiara Marletto. Studio che analizza un esperimento condotto nel 2016 dall’equipe di David Coles, dell’Università di Sheffield, sui batteri fotosintetici.

Secondo quanto messo in risalto dai dati, i ricercatori sarebbero riusciti a porre alcuni dei batteri esaminati in uno stato di entanglement, cioè di intricazione reciproca, rendendo così evidente il manifestarsi delle proprietà quantistiche anche negli esseri viventi. Un risultato eccezionale che, se confermato, potrebbe offrirci una rinnovata visione del mondo e spingere la ricerca scientifica a investigare con sempre maggiore forza e convinzione le nuove e affascinanti frontiere suggerite dalla biologia quantistica.

Carlos Solito – La ballata dei sassi

Niente nevrosi, niente passi veloci, solo la benedizione di una banza dolce, viaggio così da una vita.

Poi, c’è sempre un poi, è arrivata Matera e Matera non scherza, Matera ti prende e ti mette addosso, dentro ovunque nelle carni, il respiro matto. Quello dello stupore, quello del fiato a debito, quello che non ti fa dire mezza parola e fa impazzire il cuore che non si ferma danza la vita potente, fa il cavallo in petto, s’inchina alla bellezza.

In questa Basilicata ruvida e poetica, tra scirocco e tramontana che sferzano mandorli e ulivi, va in scena lo spettacolo rupestre del calcare col passepartout roccioso dei Sassi Caveoso e Barisano, i precipizi della Gravina, le grotte zeppe di affreschi bizantini, i muretti a secco, le facciate barocche e romaniche, i saliscendi lastricati, le lande della Murgia che sanno di luna e il mare grosso delle crete con onde e onde di calanchi. In questa Lucania, dove si sta bene col vuoto arcano e il sole forte, mi piace farmi di silenzio, andare in pellegrinaggio sopra e sotto terra.

C’è un posto per ognuno di noi in questo mondo, ce lo insegnano le stelle che da lassù, lontano lontano, hanno il loro e non si stancano di splendere. Mai!

Ecco, a Matera sono nel mio coi falchi grillai, le pietre antiche, santi senza aureola con le tasche piene di peccati. Poeti erranti, spacciatori di sogni, briganti di passato, custodi di pinacoteche sotterranee, massaie teatranti, musicanti in cerca di corpi da agitare, baristi pieni di desideri, anziane che sciorinano preghiere, bracconieri di panorami, allevatori di stelle, panettieri buoni come la mollica calda, attori nomadi come pastori, scultori che parlano alle pietre, pittori con l’ossessione dell’eternità e registi strafatti di nitrato d’argento. Con questa bella compagnia splendiamo, lo vedo lo sento, facciamo energia che prende vola fa vertigine fa luce fa pace, fa Matera.

Halloween con Stephen King

Ad Halloween è inevitabile il ritorno (dei morti viventi, verrebbe da aggiungere) di molti libri e film del mondo horror. Ovviamente noi vi parliamo del nostro zio Steve (che tra l’altro è stato complice di Romero, l’inventore dei Morti viventi, nella realizzazione di Creepshow). E aggiungiamo un paio di autori che forse vi sono sfuggiti e che invece vale la pena di considerare nelle lunghe sere autunnali che ci aspettano, al buio. La nostra è una proposta, per ovvi motivi di spazio, molto selettiva: cinque titoli in tutto ai quali aggiungere, se volete, i vostri romanzi preferiti di King. Se li avete già letti, fateci sapere che cosa ne pensate, e se no: beati voi.

 

The Outsider di Stephen King

L’ultimo romanzo di King è un must have della stagione: un ragazzino viene ucciso in modo agghiacciante e il colpevole sembra l’uomo più insospettabile della città. Ma gli indizi rivelano presto contorni disperatamente inquietanti. Romanzo notevole (e bellissima copertina).

It di Stephen King

Per chi ancora non ne avesse sentito parlare, It è un classico del genere: un gruppo di adolescenti, che si dà il nome di Club dei Perdenti, si coalizza contro il male, sotto forma di un terrificante pagliaccio, Pennywise. It è anche un film: la prima parte è uscita nel 2017, la seconda arriverà alla fine del 2019. Cant’ wait.

Misery di Stephen King

Misery non deve morire nella versione cinematografica, con la diabolica Katie Bates, è un romanzo geniale che incarna tutte le paure di King scrittore, alle prese con una fan implacabile. Ipnotico.

NOS4A2. Ritorno a Christmasland di Joe Hill

Usciamo dal seminato, ma non troppo, visto che l’autore è uno dei figli di Stephen King. Ci abbiamo pensato un po’, visto che Joe ha scritto diversi libri, ma il periodo è giusto per NOS4A2. Ritorno a Christmasland. Una storia bella cattiva sulle leggende natalizie che diventerà presto una serie TV.

Bad Man di Dathan Auerbach

Dulcis in fundo, un autore che ha fatto gavetta scrivendo sulla piattaforma Reddit e producendo creepypasta (leggende metropolitane, racconti horror, eccetera) che hanno attirato l’attenzione della Blumhouse, casa editrice e di produzione di successi come Scappa. Get Out. Bad Man è la storia di un ragazzo e del luogo, un supermercato, dove rischia di perdersi. E di perdere l’anima. Abissale.

 

Brevi riflessioni di fisica quantistica: L’incertezza della scienza – (Fabio Fracas 42)

Richard Phillips Feynman, fu uno dei più importanti fisici del Novecento. Nel 1965, fu insignito – assieme al giapponese Sin-Itiro Tomonaga e all’altro americano Julian Schwinger – del Premio Nobel per la Fisica “per il lavoro fondamentale [svolto] nell’elettrodinamica quantistica, con profonde conseguenze per la fisica delle particelle elementari”.

Sia il suo approccio alla ricerca sia la sua visione della conoscenza, erano oggetto di continue riflessioni e così, nell’aprile del 1963 durante una conferenza tenuta presso l’Università di Washington, Feynman pronuncio un discorso destinato a rivoluzionare lo stesso pensiero scientifico: “L’incertezza della scienza”.

Il testo integrale del discorso è pubblicato nel volume “Il senso delle cose”, Adelphi, Milano 1999 e fra le tante, argute, riflessioni si può leggere anche il passo seguente: “Ma se una cosa non è scientifica, se non può essere verificata tramite la sperimentazione, non significa che sia inutile, o stupida, o sbagliata. Non sto cercando di dimostrare che la scienza è buona e le altre cose no. Gli scienziati si occupano di tutto ciò che si può studiare con un approccio sperimentale, e costruiscono, fabbricano, elaborano, quella cosa chiamata «scienza». Però molto rimane escluso, fenomeni per i quali l’approccio sperimentale non funziona, e non è escluso che siano importanti. In un certo senso sono i più importanti. In ogni decisione che riguarda l’azione, quando si deve decidere il da farsi, c’è sempre di mezzo un «dovrei?» che non si può risolvere solo rispondendo a: «Se faccio questo, cosa succede?». Mi direte: «Be’, puoi cercare di capire cosa succede e poi decidere se vuoi che succeda», ma questo è un passo che lo scienziato non può fare. La scienza può aiutarmi a fare previsioni, non a prendere decisioni.”

Fabio Fracas

La stagione più dolce

“L’autunno è la stagione più dolce, e quello che perdiamo in fiori lo guadagniamo in frutti” ha scritto Samuel Butler, ed è una frase perfetta per descrivere quello che aspetta i lettori di Frassinelli nei prossimi mesi.

Il 4 settembre, anche se sarà ancora estate, la prima uscita: Infomocracy. Un sistema perfetto, della scrittrice statunitense Malka Older. Come ha scritto The Huffington Post, «in certi casi la fantascienza, più che anticipare, descrive. E noi stiamo già vivendo dentro Infomocracy, anche se non ne siamo consapevoli.».

Infomocracy. Un sistema perfetto è un romanzo visionario e appassionante che affronta il futuro della democrazia nell’era digitale, uno dei temi più attuali e importanti della nostra contemporaneità. Mentre il dibattito politico discute su come potrebbero essere le democrazie alla fine del nostro secolo, qualcuno l’ha già raccontato…

#MalkaOlder #Infomocracy #UnSistemaPerfetto

Saremo invece già in autunno anche per il calendario il 25 settembre, quando uscirà Il lato umano, il nuovo libro di Anna Gavalda: «.Queste non sono storie, e ancor meno sono personaggi. Per me le protagoniste e i protagonisti del mio libro sono delle persone, persone vere. Che parlano della loro solitudine, per cercare di vedere più chiaro nelle loro vite, per rivelarsi, per confidarsi, per trovare il loro lato umano.

Sette racconti dunque, che hanno per protagoniste sette persone diverse, cui hanno dato voce sette scrittrici italiane – Laura Bosio, Annarita Briganti, Maria Rosa Cutrufelli, Elena Loewenthal, Federica Manzon, Laura Pugno, Simona Vinci – che con le loro traduzioni hanno voluto omaggiare una delle più amate e raffinate autrici francesi.

#AnnaGavalda #IlLatoUmano

Avanti fino al 9 ottobre, forse il giorno più atteso dell’anno da tutta l’editoria mondiale, oltre che da milioni di lettrici e lettori. Dopo dodici anni di attesa, dopo la splendida avventura di Storia di una ladra di libri, torna Markus Zusak con il suo nuovo, attesissimo romanzo, che pubblicheremo in contemporanea mondiale.

Il ponte d’argilla è la storia appassionante e struggente di cinque fratelli costretti a vivere soli, e a definire da soli le regole della propria esistenza. E mentre i fratelli Dunbar amano, soffrono e lottano per imparare a fare i conti con il mondo degli adulti, scopriranno il segreto, tenero e straziante a un tempo, che si cela dietro la scomparsa del loro padre.

#MarkusZusak #IlPonteDArgilla

La settimana successiva, il 16 ottobre, un altro attesissimo ritorno, quello di Valerio Varesi, con La paura nell’anima. L’ultima indagine del commissario Soneri.

Reduce dai trionfi europei, in particolare in Francia, dove è stato definito “il Simenon italiano”, Varesi prende spunto dalla drammatica vicenda di “Igor il russo” e riesce una volta di più a costruire una trama avvincente e mozzafiato, a tratteggiare personaggi memorabili, e a trasmettere al lettore un affresco profondo e acuto della nostra società, delle ombre che si nascondono nel nostro quotidiano, dei cambiamenti della nostra psicologia sociale, minata da questa oscura paura dell’altro che vediamo sempre più diffondersi.

Come ha scritto La Repubblica, “Soneri non si accontenta di scoprire il colpevole, ma interroga se stesso e una comunità, scava nelle contraddizioni di un’epoca in cui fa fatica a tenere il passo.”

#ValerioVaresi #IlCommissarioSoneri #LaPauraNellAnima

 

E “l’altro da noi” è al centro anche dell’ultimo libro che pubblicheremo nel 2018, ossia L’origine degli altri di Toni Morrison (23 ottobre).

“Toni Morrison, in queste pagine rare, mostra l’urgenza, dimostra l’imperativa necessità di occuparsi di razzismo”, ha scritto Roberto Saviano nell’introduzione all’edizione italiana, che andrà ad aggiungersi alla prefazione di Ta-Nehisi Coates, per contestualizzare quella che è una vera e propria orazione civile, opera di una delle più grandi scrittrici viventi.

Che cosa è la razza, e perché le diamo tanta importanza? Che cosa spinge gli esseri umani a costruire “un altro” da cui differenziarsi? E perché la presenza dell’altro da noi ci fa così paura?

Toni Morrison va in cerca delle risposte a queste domande parlando della sua opera, di letteratura in generale, di storia e di politica, partendo dal XIX secolo e arrivando fino ai giorni nostri, e alle grande migrazioni che caratterizzano il mondo globalizzato.

#ToniMorrison #OrigineDegliAltri #RobertoSaviano #Ta-NehisiCoates

“Ho cercato di educare i miei figli maschi. E loro stanno educando me” su La 27 ora

HO CERCATO DI EDUCARE I MIEI FIGLI MASCHI. E LORO STANNO EDUCANDO ME di Francesca Rimondi su La 27 ora

« Gentile Ministro, mi scuso se disturbo e vengo a romperLe le palle in un momento così delicato. Vorrei solo sottoporre alla Sua attenzione questa foto. In questa foto stavo andando a sposarmi. Alla mia sinistra (sempre a sinistra, lo scusi ma è così) c’è mio padre. Oggi – due anni dopo – mio padre è stato dichiarato finalmente invalido, facciamo in modo che il Suo collega alla Disabilità non mandi tutto in fumo. Alla mia destra c’è mio figlio Numero Uno. Mio figlio Numero Uno è nato da un altro padre rispetto a quello che sto andando a sposare in questa foto. Respiri. Respiri forte. Sto andando a sposarmi in Comune. Continui a respirare. Da qualche parte, non visibile nella foto, c’è mio figlio Numero Due, che durante la cerimonia ci ha portato le fedi. I miei testimoni erano una coppia sposata a Buenos Aires, perché qui, ai tempi, non potevano. Dopo hanno potuto. Due uomini, sì. Non li ho scelti per folklore gay. Li ho scelti perché sono tra le persone più intelligenti, umane e resistenti che io conosca. Al momento esistiamo. Tutti quanti, con le nostre vite. Sinceramente non so dirle se siamo felici – ehi, Ministro, me lo sta chiedendo? – abbiamo tutti i nostri cazzi da sfangare. Ma questo va al di là della famiglia, voglio dire, anche Calcutta ha un sacco di problemi con le femmine nell’ultimo disco. Però siamo qui, ecco. Questo volevo dirLe».

Francesca Rimondi è una che scrive così. È una così. E così ha pure scritto un romanzo, Non dire cazzo– Frassinelli: autobiografia di una mamma, in forma di dialogo con i figli, in una quotidianità molto reale e molto immaginifica. Così le abbiamo chiesto di scrivere per noi qualcosa sull’arte di educare figli maschi. Oggi. E qui sotto il risultato. (la foto – di Valeria Verdolini – l’abbiamo presa dal suo Fb. E altrimenti come si fa a illustrare una che scrive così. E per giunta di figli, di educazione, di vita, di famiglie, di…. Di cosa NON scrive Francesca? )

Diciotto anni fa (18), un’infermiera mi svegliò, delicata. Mi svegliò e mi disse «Eccolo».
Guardai.
Vidi una cosa lunghissima (53, 2 cm) e stranamente molto silenziosa (20 hZ).
Mi guardava. Era chiaro che non vedeva un cazzo – i neonati non vedono NIENTE (20-25 cm di distanza quando va bene) – ma lui, comunque, mi guardava. Gli occhi neri, lucidi, giganti. Quella volta (2.000 d.C.) mi addormentarono, per farlo nascere. Forse si faceva così, nel 2.000 d.C., non so.
Avevo venticinque (25) anni, sapevo poco di uomini, ancor meno di uomini in miniatura. Lui fu il primo.

Da qualche anno vivo insieme a tre (3) uomini.
La mia è stata una scelta fino a un certo punto (1/3) e una convergenza assoluta (3/3) di amorosi sensi su cui, con impegno, fortuna e un sacco di attenzione reciproca, noi quattro (4) siamo riusciti a costruire quella che, a tutti gli effetti, mi vanto tantissimo di poter chiamare «la mia famiglia».

Dopo pochi anni da quella mia personalissima Bastiglia – quando fui svegliata da un’infermiera delicata – decisi che la mia famiglia dovevo essere io e lui. C’era un sacco di spazio, ma non c’era whatsapp, non c’era niente di niente, c’era la Bastiglia, la rivoluzione infuriava dentro di me, non c’era più amore per il padre, avevo qualche anno in più di venticinque anni e non sapevo niente (o poco) di uomini.
Stavo bene con mio figlio.
Avevo imparato da lui delle cose, sapevo chi era Goku, sapevo andarci al cinema, passare le sere con lui, svegliarlo e portarlo allo scuolabus puntuale. Lui era il primo, è il primo, ancora oggi. Il mio primo uomo.

Dopo è arrivato mio marito. Sarebbe stato mio marito diversi anni dopo, ma è arrivato molto prima che lo fosse. Burocraticamente parlando.
Mio marito è un uomo buono, calmo e molto lento, ci siamo sposati per fare una festa, perché ci amavamo da prima di sposarci e avevamo voglia di fare una festa.
Avevamo fatto un figlio, nel frattempo.
I nostri genitori erano invecchiati, nel frattempo.
Anche il mio primo figlio era invecchiato. Cresciuto, dai.
Ci siamo ritrovati tutti insieme, genitori invecchiati, amici dispersi, figli, non figli, cantanti e ballerine, e abbiamo ballato.
Alla fine della festa siamo rimasti noi quattro (4). Io e i miei tre uomini. A sposarci siamo andati su una skoda, la mattina appena svegli, col permesso del Comune per entrare in centro.

I miei figli mi hanno insegnato diverse cose.
Per esempio mi hanno insegnato che non occorre avere dei figli per sentirsi delle persone migliori.
I figli non ti rendono migliore e avere dei figli non ti qualifica automaticamente alle semifinali dei Mondiali di Umanità.
«Io lo dico da madre/da padre» è un grande alibi dietro cui ci si nasconde, quando non si hanno altre argomentazioni su cui far leva.
Non potrò mai usare i miei figli per giurarci sopra le teste, per garantire qualcosa, per promettere solidarietà fasulla, per darli in pasto al popolo becero. Metterli davanti a tutti come se avessi fatto chissà quale impresa.
Si fanno figli come si dice «cazzo». Ma si è anche liberi di non farli. Oppure si è obbligati, non ci sono le condizioni per. Sono cose delicate, come il tocco di un’infermiera.
Le persone che non hanno figli sono come me.
Umane, troppo umane, poco umane. Non è un’anestesia spinale a emanciparti.

Quando poi li ho messi al mondo, ho pensato questa cosa. Ho pensato che dovevo proteggerli, ma al contempo responsabilizzarli.
È un gran casino, mi sono detta.
Come faccio. Se li proteggo non li responsabilizzo; se li responsabilizzo, come posso proteggerli. Mi sono detta.
Allora ho provato a insegnare loro delle cose.
Ho provato a insegnare loro:
– a stirare
– a guardare i musical tipo Cantando sotto la pioggia senza addormentarsi
– a caricare una lavastoviglie
– a guardare alle donne con rispetto
– a essere gentili
– a guardare una palla (o un qualsiasi oggetto sferico) con assoluta indifferenza
– a stare in silenzio quando serve
– a lavare i piatti quando serve
– a stirarsi una t-shirt quando serve
– ad amare il colore rosa, il colore più antico del mondo
– a cavarsela da soli a scuola

Loro mi hanno insegnato:
– che gli uomini sanno stirare benissimo, vedeste le camicie che sanno stirare
– però davanti a Cantando sotto la pioggia, niente, si addormentano
– la lavastoviglie è un giochetto da ragazzi
– le donne sono sacre
– la gentilezza, in generale, è sacra
– però davanti a una palla (o un qualsiasi oggetto sferico) non capiscono più un cazzo, perdoniamoli, devono palleggiare, calciare, spallonare, tirare in porta, tirare il rigore, metterla dentro, anche in corridoio, come fai, tu, a resistere, dicono
– parliamo per alzata di mano; parla pure, mamma; dimmi tutto. Però alza la mano, poi aspetta il tuo turno
– «che cazzo è questo detersivo tristo da discount? La prossima volta compra lo Svelto, madonna che roba schifosa che hai comprato, non lava niente, signora mia»
– ripeto: SANNO STIRARE BENISSIMO
– il rosa sta bene su tutto
– nessun figlio ha bisogno di un genitore che vada a scuola con lui. Ci siamo già andati eoni fa, a scuola. Io, personalmente, ne ho avuto abbastanza. Basta. Lasciamoli fare. FIDIAMOCI di loro.

La prima cosa bella che dissi a me stessa diciotto anni fa, davanti a quello sguardo duro, fisso, nero di mio figlio appena nato, fu: il mio compito, la mia personale missione per conto di dio – me l’ha detto la Pinguina, suor Mary – sarà fare di te una persona rispettosa. Rispetta tutti. Rispetta il mondo in cui ti è stato concesso di esistere. Rispetta le donne che ti ameranno e che tu non amerai. Rispetta le donne che amerai e che non ti ameranno. Rispetta il blues, il soul, la musica fatta bene, il ritmo, la buona letteratura. Evita gli inganni, ma cadici, se proprio non ti è possibile. Ti servirà. Tieni sempre un occhio attento e splendente su chi ti accompagnerà, nel tuo cammino, perché chi ti accompagnerà forse sarà più debole di te, o forse no. Forse sarà un uomo o una donna o chissà chi, sarà una persona che ti compera una camicia, che ti dice che sei sfigato perché non hai una camicia, che guarderà con te Cantando sotto la pioggia o una partita dei Mondiali, una persona che avrà in comune con te mille cose, e tra queste mille ci sarà il rispetto che ti ho insegnato io. E tu dirai: Ecco, ecco a che cosa mi è servita la mia vecchia madre, ecco. Quella vecchia madre che mi diceva tutto e niente, per alzata di mano, tra una cena di polpette tristi e il rochenroll. Quel qualcuno – diceva la mia vecchia madre – sarà qualcuno in grado di passare con te qualche buon momento di felicità eccetera eccetera. E questo è l’importante.

Queste cose le ho dette, pensate e trasmesse anche al mio secondo figlio, quando nacque. In sala operatoria, quando lo tirarono fuori a forza dalla mia pancia. In sala operatoria, quel giorno lì, quando mi tirarono fuori a forza il mio secondo figlio, la radio stava passando una canzone di Tiziano Ferro. E io ho pensato che nulla sarebbe potuto andare male. Nulla. E così è stato.

L’autrice del romanzo
Francesca Rimondi vive a Bologna con i suoi due figli e con il papà del secondogenito. Ha quarantatré anni e lavora nella redazione di una casa editrice di testi scolastici. Ha scritto Non dire cazzo (Frassinelli)

La trama è la vita familiare, una quotidianità che si potrebbe dire estrema, e i fili che la intessono sono le conversazioni di una mamma con i suoi due figli, un ragazzino che diventa un adolescente e un piccoletto che ancora non parla in modo distinto. C’è anche un fidanzato, ci sono un nonno amabile ma molto invecchiato e una nonna spiritosa. Dialoghi serrati, battute sorprendenti, soprannomi immaginifici, incontri inventati. La parola “mamma” scandisce il discorso, la parola “cazzo” lo decostruisce: scrittura galoppante, una colonna sonora di band e canzoni giustapposte, il romanzo è un’autobiografia senza volere e una filosofia senza parere. E, come dice il figlio Numero Uno nella postfazione che ha scritto al libro della mamma «intellettuale damsiana», «c’è persino la critica sociale attraverso le whatsapp delle mamme», che a Francesca Rimondi proprio non piacciono.

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