Storie di crimini contro gli animali e di persone che li combattono

Quando ho iniziato a occuparmi di animali erano davvero altri tempi: solo oggi, dopo più di quarant’anni, mi rendo conto di aver trascorso tutta la mia vita adulta in attività legate alla loro difesa. Spinto già da giovane dall’impulso di difendere chi aveva meno diritti, dei più fragili e degli indifesi. Così in un lontano gennaio del 1976 varcai, per la prima volta, la porta della sede dell’ENPA di Milano per fare volontariato. Ancora non sapevo, ovviamente, che avrei percorso tutta la scala gerarchica dell’associazione sino a diventare, nel 1988 il presidente e poi anche il responsabile del Nucleo delle Guardie Zoofile ENPA. Un’attività di volontariato certo, ma che ha impegnato la mia vita quanto un secondo lavoro, portandomi a sacrificare scelte lavorative e tempo libero. Anni in cui occuparsi di animali era considerata una sorta di stravaganza, e in cui gli unici davvero meritevoli di avere una tutela sembravano essere solo cani e gatti. Tutti gli altri animali erano considerati in modo differente, come se appartenessero a un’altra categoria. Nei dibattiti sui cani, popolati allora dall’alta borghesia milanese, era normale vedere signore tanto ingioiellate quanto impellicciate. Senza che questo destasse scandalo.

Con il tempo ho capito quanto fosse importante cercare di fare cultura sui diritti degli indifesi, senza preoccuparmi mai se si trattasse di uomini o animali. Mondi che si toccano, molto più di quanto apparentemente possa sembrare, dove sofferenza e solitudine possono essere compagni di viaggio per tanti. Per questo ho ritenuto fosse importante poter raccontare di tempi recenti ma dimenticati, dove nelle case e nei cortili delle trattorie non era così difficile imbattersi in un orso o in un leone. Tenuti per stupire o per farsi pubblicità: animali privati di ogni dignità e di ogni diritto.

Ho iniziato a studiare, a capire come poter coniugare approccio etico e giuridico, cercando di far capire che l’esistenza in vita si chiamasse, in realtà, sopravvivenza e non benessere. Stare bene, in equilibrio con l’ambiente circostante rappresenta, infatti, uno stato completamente diverso dall’assolvimento dei soli bisogni primari. Non è importante il momento della nascita e nemmeno quello della morte, che per quanto violenta e ricca di sofferenze dura un attimo, rispetto al tempo che un essere vivente trascorre da quando apre gli occhi. Per questo bisogna che la vita abbia qualità, dignità e rispetto dei bisogni di ogni specie.

In questo libro, scritto con l’amica Paola D’Amico, giornalista del Corriere della Sera e grande amica, abbiamo cercato di offrire a chi leggerà spunti di riflessione, dati e resoconti di indagini sui crimini contro gli animali. Senza calcare sulla sofferenza, senza esibire il dolore che allontana il lettore e rischia di rendere inutile lo scrivere. Speriamo di esserci riusciti, di poter aver regalato una visione diversa del mondo animale, spesso legato a quello criminale.

Cercando di far comprendere quanto la nostra esistenza sia legata a filo doppio con quella di tutti gli esseri viventi che popolano il pianeta e con l’ambiente che ci ospita. Per evitare sofferenze a uomini e animali, per non ricadere in periodi terribili come questo della pandemia di Covid19, nata per l’irresponsabilità di uomini che hanno operato scelte molto poco sagge, andando così a stuzzicare virus, che ci hanno ricordato la nostra impotenza di fronte all’onnipotenza del mondo naturale.

La trama dei sogni di Emily Pigozzi, un romanzo che si muove al suono di musica

“La trama dei sogni”

 

La musica per me è tutta speciale, senza distinzioni.

Qualcosa che risveglia l’istinto più animale, più primordiale che ci batte dentro.

Così come speciali lo sono tutti i desideri, e le storie d’amore.

La musica è il filo conduttore delle nostre vite, anche quando non ce ne accorgiamo. Ci parla, e in qualche modo parla sempre di noi.

È il ritmo stonato che non ricordi, le parole che ti salgono in bocca e che non perderai mai più, anche se non ti piacciono. Un qualcosa di così piccolo e insieme di così grande.

E questo, tutto questo, si infila ne “La trama dei sogni” e in questa storia che unisce e sul filo delle note e dei desideri un secolo intero.

Per Sebastian la musica è il riscatto, l’essenza stessa della vita. Per lui è un qualcosa di così immenso da averne un timore reverenziale, sacro.

Per Rossana invece è un qualcosa che regala speranza e nostalgia, un urlo liberatorio sotto la doccia, una carezza di qualcuno che se n’è andato troppo presto.

Questo libro è nato, si muove e respira al suono di tanta musica: i meravigliosi valzer della famiglia Strauss amati da Franz e Rosa, che ci riportano a ritmo di danza a tempi antichi, offuscati dalla guerra e dalle convenzioni, dove l’amore era qualcosa di istintivo, forse di semplice.

Ci sono Chopin, Rachmaninoff, le melodie che compone con forza disperata Sebastian, urlando i sentimenti che non ha più il coraggio di esprimere a parole.

E naturalmente la musica pop vintage e italiana che ama Rossana. La musica, come i sogni, è sorprendentemente simile nel cuore di tutti noi. I Pooh, Gianni Morandi, i Ricchi e Poveri. Chi di noi non li ha cantati a squarciagola, almeno una volta?

Proprio come tanti generi musicali, anche noi esseri umani sembriamo così lontani, così diversi. Piccole isole e mondi destinati a non toccarsi mai.

Ma se guardiamo a fondo, sotto le nostre armature, scopriremo di avere sogni, desideri, speranze, così simili gli uni agli altri.

In fondo ci sono sette note soltanto, così piccole, così semplici.

Ma a quante melodie meravigliose possono dare vita?

                                                                                            

Emily Pigozzi

Aurélie Valognes: un successo nato in Italia

Recentemente Le Journal du Dimanche ha raccontato che in Francia «Aurélie Valognes ha illuminato la quarantena dei suoi lettori» grazie al suo ultimo romanzo, pubblicato subito prima del lockdown, «aiutandoli a superare quel periodo angosciante. E lo dimostrano gli oltre 400 messaggi ricevuti dall’autrice su internet nel giro di 8 settimane: ‘Questo romanzo è stato il mio compagno di quarantena, e pensare che non leggevo un libro per intero dai tempi della scuola’ le scrive un lettore. ‘Grazie di averci donato freschezza, gioia e leggerezza in questo momento difficile’ la ringrazia una psicologa. ‘La sua scrittura ci fa stare bene’ aggiunge una donna ricoverata in ospedale. La pandemia avrà anche intralciato la promozione della sua novità, Né sous une bonne étoile, ma Aurélie Valognes, che al termine di tutti libri fornisce il suo indirizzo mail privato, non ha mai interrotto il legame con il suo pubblico. […] A ogni lettore scrive un breve messaggio di speranza, convinta che ‘basti veramente poco perché la ruota giri per il verso giusto’. La prova? La sua stessa storia. Ha creduto di non farcela quando è stata colpita da una pesante depressione dopo la nascita del suo primo figlio; si è ritrovata senza lavoro quando ha dovuto licenziarsi per seguire suo marito in Italia; la morte di una cugina l’ha sconvolta.» Finché, una notte, un sogno le ha ricordato un suo vecchio desiderio di bambina: diventare una scrittrice E si è detta: Ora o mai più.

Dopo aver frequentato un corso di scrittura creativa, ha autopubblicato il suo primo romanzo: un successo immediato da 1 milione di copie. E allora sono arrivati l’interesse degli editori, altri cinque romanzi, le classifiche – dove svetta sempre ai primi posti: «nel 2019, per il terzo anno consecutivo, l’autrice trentasettenne si è classificata tra i cinque romanzieri più letti in Francia» riporta Le Journal du Dimanche.

Mentre sta già lavorando al suo settimo romanzo, arriva in Italia uno dei suoi successi precedenti: Non c’è rosa senza spine (tit. orig.: Minute, papillon), una storia che parla di madri e figli, di seconde chance e dei piccoli, irrinunciabili piaceri della vita. Come le torte al limone e i cappuccini che Aurélie stessa ha gustato in una pasticceria di Milano e che hanno accompagnato la stesura del romanzo. C’è quindi anche un po’ di Italia in questa storia – e nel successo di questa autrice. Del resto, è proprio nel nostro Paese che Aurélie ha rispolverato il suo sogno di bambina e ha iniziato finalmente a scrivere.

Ecco la sua dedica ai lettori italiani: https://www.facebook.com/sperling.kupfer/videos/3041794155934319/

Kira Shell, lettera alle lettrici

Sin da bambina mi sono sempre chiesta che cosa avessi voluto fare da grande.
La risposta ancora non mi è chiara, ma vorrei raccontarvi un piccolo aneddoto che mi accadde a dieci anni e
al quale ho potuto dare un senso soltanto in età adulta.
Ricordo che la mia insegnante di italiano mi diceva spesso che i temi che scrivevo erano lunghissimi, che a
scuola ero molto taciturna ma che attraverso la scrittura aveva compreso la mia capacità di esternare tutto il
mondo che avevo dentro, come se la penna fosse l’unica amica della quale mi fidassi.
Un giorno, ebbe un’idea meravigliosa: ideò una scatola magica con la quale stabilire una corrispondenza
epistolare con i suoi alunni. La posò su un vecchio banco, accanto alla sua cattedra, e ci spiegò che
comunicare con delle lettere potesse servirci per confidarle qualsiasi cosa.
Io gliene scrissi una, la ripiegai più volte su se stessa e timidamente la infilai nella scatola magica, poi attesi
la sua risposta.
Trascorse circa una settimana.
Una mattina, particolarmente uggiosa, la mia insegnante entrò in classe, mi guardò e con un sorriso raggiante
mi disse che c’era una lettera per me.
Sono sempre stata molto riservata, pertanto la presi ma decisi di non leggerla in presenza dei miei compagni,
bensì a casa, nella mia cameretta, in totale solitudine.
Quando la aprii notai che al suo interno vi erano delle foglie secche: due rosse e una verde, emanavano un
delizioso profumo di fiori. Lasciai scorrere gli occhi sulla calligrafia elegante e ordinata della mia insegnante
e una frase, in particolare, catturò la mia attenzione: “Lo studio apre nuovi orizzonti. Da grande ti immagino
come una dottoressa, un avvocato o forse una scrittrice. Ho compreso che nei tuoi occhi spesso rattristati c’è
un intero mondo. Lascialo emergere, è meraviglioso”.
La ignorai, con un sorrisetto di scherno.
Nel 2015, a poco più di vent’anni, sentii l’esigenza di dar voce a tutte le emozioni che avevo dentro, di
smetterla di imprigionare i miei pensieri in poesie brevi e di tuffarmi nella stesura di un vero e proprio
romanzo. Così nacque Kiss me like you love me, una storia nella quale decisi di metterci tutta me stessa.
Timorosa e incerta che non potesse piacere a nessuno, nel 2017, la pubblicai su Wattpad. Avevo solo dieci
lettori al primo capitolo, poi venti al secondo, cinquanta al terzo… decisi di non mollare.
«Che importa che a leggerla ci siano pochi lettori?» Mi dicevo. Io volevo soddisfare quei pochi lettori,
perché ognuno di loro mi stava concedendo il proprio tempo, pertanto meritavano il mio rispetto.
Pochi mesi dopo, come una vera esplosione inaspettata, la mia storia riuscì a entrare nel cuore di più persone,
a emozionare, a catturare, a coinvolgere…e allora compresi che non avrei mai più permesso alla paura di
ostacolarmi.
Nel 2019 decisi di affidare Kiss me like you love me alla casa editrice Sperling & Kupfer, per dare
l’opportunità a più lettori di conoscere la storia di Selene e Neil e di analizzare, con me, una tematica molto
forte e importante.

Ma sapete qual è davvero la cosa sorprendente?
Nel 2020, ho ritrovato quei “pochi” lettori che per primi hanno amato la mia storia.
Li ho ritrovati, tutti, e a loro se ne sono aggiunti molti altri che hanno assorbito, compreso, adorato e
ammirato la storia folle dei miei due incasinati protagonisti.
In questo lungo percorso di stesura e pubblicazione ho compreso che i miei lettori sono l’insieme di tante
mani che da anni tengono stretta la mia, che da anni ricambiano il mio stesso “rispetto” e mi concedono
ancora il loro “tempo”.
Ho compreso che una storia ti entra dentro quando è vera, non importa se è un po’ imperfetta.
Oggi, in un diario segreto, conservo ancora quella lettera della quale vi ho parlato.
La rileggo, e penso che la mia insegnante avesse capito ogni cosa.
Ricordatevi che il cuore conosce già tutte le risposte e che quasi sempre vi suggerisce la strada giusta.
Dobbiamo soltanto ascoltarlo.
Io l’ho fatto e, oggi, stringo tra le braccia i miei quattro romanzi.
Spero che questo sia il preludio di nuove avventure e che i lettori continuino a essere i miei meravigliosi
compagni di viaggio.

Sempre vostra
Kira Shell

Paolo Bontempo e Gianluca Dario Rota raccontano Giugno

La storia di Giugno ha origine molto tempo fa, nel 2017. Facevamo la Civica Scuola di Cinema insieme. Era estate, le lezioni erano finite. Ma noi continuavamo a vederci lo stesso, senza motivo. Poi un motivo è arrivato, ed era la storia di un ragazzino che finisce all’oratorio controvoglia. Quel ragazzino era Domenico, e quella storia era Giugno.

All’inizio l’idea era di scrivere un film. Il problema è che scrivere la sceneggiatura di un film intero è un lavoro complesso e lungo. Un po’ una follia. Dopo soltanto 6 pagine di word, poteva finire lì. Invece abbiamo passato tutta l’estate a raccontare l’avventura di Domenico ai nostri amici. E una cosa abbiamo capito in quei mesi: Giugno era una storia in cui valeva la pena credere.

Poi al terzo anno della Scuola di Cinema abbiamo incontrato Andrea e Stefano. Con loro, e con l’aiuto di una nostra prof. dell’epoca, Beba Slijepcevic, la follia è diventata realtà. Il loro ingresso nel team è stato necessario, e oggi Giugno non sarebbe lo stesso senza di loro.

Ed è proprio il concetto di collaborazione che sta alla base di CRIU, il nostro collettivo, che si stava creando in quei mesi. Scrivere insieme ad altre persone non è solo una necessità pratica, ma arricchisce il tuo lavoro, il tuo mondo, la tua idea e soprattutto la tua persona.

Finita la scuola, è nato ufficialmente CRIU. Siamo nove autori, siamo nove amici, e ci troviamo ancora per partorire nuove idee. Di solito sviluppiamo progetti destinati a cinema e televisione, ma quello che ci interessa è raccontare storie in qualsiasi forma.
Per questo siamo felicissimi che Giugno abbia trovato una strada inaspettata, diventando un romanzo dopo una serie di incontri e coincidenze particolari.

Quindi, il romanzo lo abbiamo scritto noi, ma il lavoro che c’è dietro è frutto di tutto ciò che è CRIU. Speriamo sia un primo passo verso nuove direzioni. E nuovi incontri.

 

Marco Onnembo racconta La prigione di carta

Come cambierebbe la nostra vita se la scrittura non esistesse più?

“La Prigione di Carta” è uno e mille romanzi, scritto di getto, come a dare libero sfogo a tanti pensieri sedimentati. È un romanzo sull’Amore, un romanzo sull’amicizia e le sue fragilità, sul rapporto, labile e illusorio, che gli uomini costruiscono con ciò che credono reale. È un romanzo sulla speranza che riappare anche quando sembra affievolirsi fino a scomparire.

Ma, soprattutto, è il racconto di un uomo che si oppone a una legge ingiusta.

Malcom King, all’interno di uno scenario distopico in cui il digitale ha soppiantato i libri di carta e la scrittura a mano assume i contorni dell’eroe romantico e idealista.

Dando vita a un movimento di protesta civile contro la messa al bando della scrittura e dei testi cartacei, diviene figura archetipica degli uomini e delle donne che si oppongono a un sistema che annulla il dissenso. Il non-luogo ed il non-tempo che caratterizzano “La Prigione di Carta” diventano materia liquida, possibili scenari di ogni ambientazione e realistiche degenerazioni di un Potere non controllato.

Eloisa Donadelli racconta Ricordami nell’acqua

Arriva un momento nella vita in cui ci chiediamo cosa è stato del nostro essere figli. Guardiamo i nostri genitori con occhi diversi e cominciamo a definirne i contorni. Certi ricordi inspiegabili, atteggiamenti duri, frasi faticose, diventano comprensibili.
Io vivo accanto ad un fiume. Ascolto ogni giorno, accovacciata sul balcone, il fluire, mentre il cuore sta a riposo. Ascolto il suono cristallino e osservo l’acqua che si modifica continuamente Sto imparando a riconoscerne i cambiamenti, quando è violento e vuole esondare, quando è nascosto a svernare, quando è tranquillo e mi mostra i suoi pesci.

Così è nato il romanzo ‘Ricordami nell’acqua‘, mentre stavo accovacciata a spiare un fiume che mi ha chiesto cosa significhi essere figli. Ho subito pensato, con un sorriso, a quei due giovani hippie che hanno cercato di fare il meglio per crescermi. Ma questa non è la mia storia.

Questa è la storia di Neve. Del momento in cui scopre di non poter diventare madre a causa di una odiosa adenomiosi e lascia Rocco, donandogli la possibilità di diventare padre. I suoi antichi fantasmi sono diventati pesanti, vanno liberati al loro destino perciò decide di tornare ai luoghi della sua infanzia dove tutto è rimasto sospeso come allora. Quando suo padre, nota guida alpina, sparì, senza fare più ritorno. Quando sua madre cominciò ad avvolgerla in una tela , che invece di proteggere finí per soffocarla. Quando Cristiano fuggí al suo destino. Quando Neve cominciò a trasformarsi, come acqua nei diversi stati.

Anche noi siamo acqua, fatti di particelle in continuo cambiamento, che scorrono verso qualcosa che non conoscono e sono in grado di disporsi in un perfetto ordine geometrico. Basta trovare l’armonia per trasformarsi in unici e meravigliosi fiocchi di neve.

Anche io ho miei fantasmi che chiedono di uscire e fatico ad aprire i cancelli. Scrivere è l’unico modo per farlo.

Andrew MacDonald: l’eroismo leggendario dei librai

Care libraie e librai italiani,

È con grande piacere che vi presento un’eroina che mi ha insegnato molto sulla vita, sulla famiglia, sull’affrontare a testa alta i momenti difficili.

Sono cresciuto nelle praterie canadesi, in una cittadina che nei miei ricordi sarà sempre grigia e cupa, come in un romanzo di Dickens. Mio padre faceva il camionista, mia madre era una casalinga affetta da una disabilità intellettiva debilitante. È da lei che nasce Zelda.

Io e il mio fratello maggiore ci prendevamo cura di lei quando nostro padre stava via intere settimane per trasportare pericolose sostanze chimiche nella gelida tundra canadese: la frustrazione di dovermi sobbarcare una responsabilità così grande da ragazzino mi ha aiutato a creare Gert, il fratello di Zelda, profondamente generoso, anche se fa di tutto per nasconderlo, ma ancor più profondamente inquieto. Su di lui avevo scritto una storia: un racconto pieno di rabbia che parlava di un ragazzo che si sentiva preso in trappola dalle responsabilità e di sua sorella che, a causa dei disturbi cognitivi da cui era affetta, non riusciva mai a fare la cosa giusta per quanto ci provasse.

Alcuni anni dopo, non riuscivo a togliermi Zelda e Gert dalla testa. Senza un obiettivo preciso, mi sono messo a scrivere episodi della vita di Zelda ed episodi della vita di Gert. Ben presto, mi sono innamorato di quella tribù di emarginati dalla società e mi sono ritrovato con quasi 400 pagine della loro esistenza impilate di fronte a me. E, in qualche modo, quelle pagine sono diventate il libro che ora stringete tra le mani, lontano dalla mia cupa città dickensiana. Ma, soprattutto, nel corso della stesura del romanzo ho iniziato a capire come doveva essere stata la vita per mia madre, che aveva affrontato eroicamente le sfide quotidiane nonostante i suoi limiti.

Librerie e biblioteche erano i luoghi dove andavo a nascondermi dopo la scuola, quando non volevo tornare a casa. E, anche se sembrano passati secoli dalla mia infanzia, immagino che ci siano ancora giovani lettori come me che fanno la stessa cosa nelle librerie di tutto il mondo.

Zelda s’innamora dei libri sui Vichinghi perché le mostrano un mondo in cui le persone come lei – quelle che vengono guidate e controllate da altri, quelle che si sentono dire che non contano nulla – possono realizzarsi e diventare la versione migliore di sé. A mio avviso, non c’è atto più eroico di questo, e non c’è nulla di più leggendario dell’aiutare i lettori a trovare libri che cambieranno loro la vita.

Mi fa molto piacere donarvi questo romanzo e darvi umilmente il benvenuto nella tribù di Zelda: non avrebbe trovato la sua leggenda senza librerie e senza coloro che le rendono speciali.

Un caloroso abbraccio dal gelido Canada,

 

Andrew David MacDonald

Le donne mi chiedono – Adriana Bonifacino

Ho un rapporto speciale con le mie pazienti. Sento di averlo. E desidero averlo. Ogni donna che ha un problema di salute, di tumore del seno lo vivo come una personale sconfitta. Eppure so di averle diagnosticate, e nella maggior parte dei casi avviate alla guarigione; di averle supportate e aver offerto loro un percorso di cura in una delle eccellenze italiane per la senologia. Di aver dato loro se non il massimo che forse non ancora conosco, sicuramente il meglio di quanto so e posso fare. Ma il cancro al seno è ancora una sconfitta, anche se oggi curabile e suscettibile di molteplici opzioni terapeutiche innovative.  Ed è per questo che desidero fortemente che ogni donna dedichi più tempo a se stessa, alla propria salute fisica e psicologica. Che si affidi alla prevenzione perché ancora una volta è questa l’unica arma per essere e restare in salute. Anche nel caso che qualcosa accada. E anche oggi che non possiamo abbracciarci a causa del covid mando loro un bacio alla fine di una visita e cerco di far sorridere gli occhi dietro una anonima mascherina. Ma torneremo ad abbracciarci, e sarà bellissimo.

Io sono Zelda: benvenuto nella mia Tribù

Caro Membro della Tribù,

è un grande onore per me scriverti questa lettera.

Oggi arriva in libreria la mia leggenda, dove troverai tutte le spiegazioni necessarie per diventare un potente eroe vichingo.

Racconta la sfida che ho combattuto per sconfiggere i cattivi della mia vita, compresi i Grendel – leggendo, capirai chi sono.

Avevo con me la mia spada vichinga, ma sappi che nessuna arma è importante quanto il coraggio. C’è un detto che conosco a memoria, dice: «Il coraggio è metà della vittoria».

Per lettera non posso salutarti pugno-a-pugno, come facciamo io e mio fratello per dimostrarci rispetto. Ma immagina che lo stia facendo.

Spero che la mia leggenda ti piaccia e che anche tu diventerai eroe di una leggenda tutta tua.
Skal,

Zelda MacLeish

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