Clelia d’Onofrio, il sapore di una donna fuori dal comune
Chi la conosce soltanto come giudice di Bake Off Italia, si perde il vero sapore di una donna fuori dal comune.
Clelia d’Onofrio è una pioniera, una rivoluzionaria. La sua forza è “la rivoluzione con l’educazione”.
Con la Misura, sua caratteristica principale, che insieme alla Fantasia l’accompagna dall’inizio della sua carriera giornalistica fino al suo ultimo libro: Rugiada a colazione.
Clelia cresce a stretto contatto con la natura (le lunghe vacanze estive in campagna), con il buon cibo (il ricordo felice dell’uovo a bere spruzzato col vino cotto!) e, soprattutto, con l’affettuosa attenzione della famiglia attenta alla delicata evoluzione dell’infanzia.
Facciamo un gran salto nel tempo. Clelia, all’inizio degli anni ’60, dopo l’incontro con l’editore Gianni Mazzocchi nella sede romana dell’Editoriale Domus, tornata a casa spiega un po’ agitata che dovrebbe trasferirsi a Milano per lavorare nella neonata rivista Quattrosoldi.
La mamma ascolta e, tranquillamente, risponde: “Allora andiamo a comprare una valigia.”
A, Milano, dopo alcuni mesi passa dalla redazione di Quattrosoldi a quella di Quattroruote, “la rivista per gli automobilisti di oggi e di domani”: la motorizzazione italiana iniziava in quegli anni e scopo dichiarato dell’editore-direttore Mazzocchi era di aiutare e abituare gli italiani al buon uso di quell’importante mezzo di lavoro e di svago. “
Una redazione all’epoca tutta maschile. Ma non maschilista almeno nel mio caso” ama precisare Clelia.
Come donna, all’inizio della professione, nel corso delle non poche inchieste effettuate per saggiare la competenza delle officine automobilistiche riceveva dal personale sguardi increduli o anche la richiesta di spiegarsi meglio. Ma, lei, doveva parlare con disinvolta approssimazione del difetto che avvertiva sulla sua vettura per metterli alla prova.
Fu così che, in anni ancora dominati da eserciti di maschi, diventa la prima giornalista italiana ad aver visitato, in Giappone, tutte le case automobilistiche di quel grande Paese.
“Quattroruote” fu una vera scuola di giornalismo. Da ricordare che Gianni Mazzocchi era stato fra l’altro ideatore ed editore de “L’Europeo”, de “Il Mondo”, di “Settimo Giorno” le riviste più importanti del dopoguerra per poi passare, con lungimiranza, alle altre specializzate in difesa del consumatore.
Studiare, studiare, studiare. Conoscere le basi del proprio lavoro. Il controllo della notizia. Questi i consigli che nel tempo Clelia dava a chiunque le chiedesse come diventare un buon giornalista.
I sapori dell’infanzia e la fantasia l’hanno sempre seguita e aiutata. Anche quando parlava di motori: la scatola a ingranaggi planetari, il servofreno a depressione, le portiere ad ala di gabbiano, la valvola a farfalla. E poi le marmellate, la pizza sbattuta, il ciambellotto, la crema di fragole. Parole straordinarie e bellissime così lontane tra loro per diventare poi intrinsecamente collegate.
E Clelia, ancora bambina, si confonde definendosi “fantastica” invece che fantasiosa.
Negli anni che si susseguono, grazie alle prove di durata cui venivano sottoposti i nuovi modelli d’auto, viaggia con colleghi e collaudatori in ogni angolo di mondo. Ritrovano e riposizionano nella giusta direzione l’insegna con la scritta NordKapp che il vento aveva abbattuto e nascosto fra erbe e terriccio. Nella Bassa California dove i cactus sono alti come alberi percorrono con la Panda 4×4 i fondi tormentati della”Baja 1000” una delle più famose corse fuoristrada d’America. Festeggiano un suo compleanno a Mosca, sulla Piazza Rossa, e quasi ogni sera Clelia balla in varie città con i giovani laureandi russi che, festeggiando al ristorante la fine degli studi, colgono l’occasione per imparare dagli ospiti stranieri passi di danza più moderni, al tempo proibiti dalle autorità… c’era ancora la Cortina di ferro!
E, infine, assaggia le dolcissime albicocche d’Armenia.
Questa curiosità per i gusti e i sapori legati ai ricordi dell’infanzia e del lavoro fanno sì che Clelia, a un certo punto della sua vita, trovi naturale raccontare qualcosa che vada anche oltre al mondo delle quattro ruote.
Inizia quindi a scrivere, sempre in forza all’Editoriale Domus, di itinerari turistici, di cibi e di cucine per Meridiani e Tuttoturismo e ancora oggi conserva i 17 numeri di Meridiani Viaggi del Gusto di cui è stata direttore.
È autrice inoltre delle due penultime edizioni del best seller “Il Cucchiaio d’Argento” (1997 e 2011), realizzandone sia il progetto editoriale, sia la scrittura dei testi.
Ha curato anche diciassette edizioni (1989/2005) dell’agenda-cult “Il Libro di Casa”, introducendo nuove e originali idee di marketing.
E, come ogni vero pioniere, non ha paura di continuare a cambiare, scoprire nuovi linguaggi e fette di vita da raccontare.
Tanto che oggi affronta esperienze in un mondo completamente diverso: quello della TV.
Tutto, sempre rispettando la sua filosofia del “giornalismo fatto bene” perché anche se cambiano i soggetti, non mancano certo nel settore televisivo i modi e i toni giusti per raccontarli. Inutili e dannose, ritiene, le parolacce.
“Credo ancora che l’esempio conti”, dice Clelia.
“Sono contenta di avere fatto la mia esperienza televisiva a questa tarda età”.
“Dalla parola scritta alla mia voce”.
Senza esagerare. Non è una chef, non è una presentatrice.
E’ soltanto il giudice educato di Bake Off Italia.
Ancora una volta, la misura.
Il 5 dicembre esce per Sperling& Kupfer il suo ultimo libro: Rugiada a colazione.
E’ un’emozionante favola ricca di pezzi di vita, di storia e di golosità dolci e salate.
Sono tanti discorsi all’ombra di un grande Fico Bianco conditi con autoironia e leggerezza.
Senza mai risultare superficiali. Magia tipica dei bambini.
In questo libro di un’onestà appassionata Clelia non usa stratagemmi accattivanti da scrittrice esperta, cercando d’imbastire dialoghi o dipingere scenari ad hoc per strizzare l’occhio ai lettori.
È semplicemente tornata indietro, ai giorni liberi della sua infanzia, traducendo in parole i suoi autentici e preziosi ricordi.
“In tanti anni non ho mai avuto l’idea di parlare di me come persona. Sarà, forse, per i capelli bianchi che consigliavano il riserbo o per la gelosia di quei ricordi che, da adulta, consumo come medicina-salvavita nei momenti difficili.”
Però il tempo passa. E, ora, ha sentito il desiderio di raccontarsi. E di raccontare, raccontare, raccontare anche a grandi e piccini. Con la stessa fantasia che aveva da bambina.
Più l’aggiunta di pensieri suggeriti dall’osservazione di piccole e grandi realtà contemporanee.
Una donna che oggi non chiederebbe più nulla al suo amico Fico Bianco. Ma vorrebbe solo ringraziarlo.
“Per avermi saputo ascoltare”.
“Per avere avuto pazienza con la mia fantasia”.
Perché questo è un libro scritto da “una bambina fantastica”.