Io sono Alfa: la parola a Patrick Fogli
In principio erano domande.
Come reagiremmo di fronte a una minaccia capace di andare fino in fondo? Cosa difenderemmo del nostro modo di vivere? E difenderemmo qualcosa o ci basterà restare vivi?
Io sono Alfa è nato così, con queste domande, alla fine del 2012.
Gualtiero, Francesca e Paolo sono arrivati dopo e la loro storia è la risposta a quelle domande. Una risposta non definitiva, di rado ce n’è una, di sicuro non in una storia. Le storie aprono scenari, scatenano curiosità e riflessioni, non hanno risposte, a volte neppure al destino dei loro personaggi.
E non sono tutte uguali, nemmeno per te che le hai scritte.
Io sono Alfa è una di quelle che ti resta addosso e non solo perché col tempo sono accadute cose molto simili a quelle che avevo immaginato, ma soprattutto perché la sensazione con cui l’ho scritto, l’idea di un mondo permeato di paura e rabbia, di superficialità e incoscienza, dove il coraggio – quello dei tre protagonisti, per esempio – resta confuso in un mare indistinto di ignavia, non se n’è andato.
Chi scrive è un guardone di realtà, mai neutrale, sempre partecipe.
Di sicuro non un indovino. Così, alla fine del viaggio che mi ha fato scrivere Io sono Alfa, ho scoperto che la strada che insinuavano quelle domande aveva a che fare con la paura.
Alfa e i suoi uomini in nero sono la tua paura allo specchio, gli incubi di adulto scaricati nel mondo, la realtà sottile come ghiaccio che all’improvviso scricchiola, si crepa, si rompe. È il mare aperto in cui ti svegli e non sei sicuro di saper nuotare. È molto di più del lato oscuro della luna, che la luce non colpirà mai. È la parte di quello che siamo che non vorremmo avesse cittadinanza nel mondo.
È quello che ci fa più paura.
E la paura più grande è quella che sappiamo immaginare, ma che difficilmente avremmo il coraggio di vivere.
Patrick Fogli