Mi chiamano Ada
Ada si è presentata da me in un pomeriggio di maggio di qualche anno fa.
Sinceramente, non ero pronta all’incontro.
Non come lei che, invece, scalpitava per essere raccontata.
Ada è così: vitale, curiosa, veloce, lei non cammina, vola.
E non potrebbe fare altrimenti visto il carico di umanità che da lei dipende.
Gino, il marito esodato, sempre arrabbiato ma in ottimi rapporti di amicizia con la sambuca, il figlio Emanuele, pigro e indolente che sta per diventare padre, la figlia Veronica, che si ammazza di lavoro in uno studio legale e poi la mamma e la zia Marietta, novantenni, piene di acciacchi ma ancora combattive.
E, intorno, Lecce, protagonista al pari di Ada di questo romanzo, con la sua gente, i suoi palazzi in centro, la sua periferia scalcinata, gli autobus affollati di gente bizzarra, le strade piene di buche ma tanta luce e tanta vita.
Ada si è voluta raccontare così: una donna di cinquanta anni, tenace e pragmatica, sempre allegra nonostante i mille problemi, con un sogno piccolo che coltiva sin da ragazza, quello di fare un viaggio in Grecia “il posto lontano più vicino a Lecce”.
Magari, con l’aiuto di Santa Teresina da Copertino, la santa bambina, venerata dalla povera gente perché fa i miracoli semplici, quelli che aiutano a stare meglio nella vita di tutti i giorni.
La chiamano Ada, così la chiamerete anche voi, vi farà ridere, vi farà piangere, vi porterà nella sua vita così profondamente da desiderare di trovarla seduta accanto a voi quando prenderete l’autobus o nel vostro stesso supermercato quando farete la spesa.
Simona Toma