QUELLA NOTTE ALL’HEYSEL
Ci ho messo un po’ di tempo, ma alla fine dovevo liberare questo “file” che avevo dentro.
E allora la memoria di quel che vidi ed ascoltai dentro allo Stadio Heysel di Bruxelles in quella notte del 29 maggio 1985 ho provato a scioglierla nell’inchiostro.
Per provare a condividerla con gli altri.
Lo dovevo a me stesso, lo dovevo a chi è stato meno fortunato di me e da Bruxelles non è più tornato. E a chi è tornato ma non è mai riuscito a raccontare, né forse a capire, quel che vivemmo quella notte dentro a uno stadio di cemento marcio. E poi lo dovevo alla memoria. Perché in questi 30 anni la memoria dell’Heysel è stata spesso sporcata, ignorata, calpestata. A volte distorta. E quel settore Z trasformato dagli Hooligans in un sudario, è stato troppo spesso vilipeso. O dimenticato.
E’ indispensabile allora valutare i danni, svelare i colpevoli, e fare manutenzione.
Fare manutenzione di memoria.
Quella notte all’Heysel avevo con me un piccolo registratore e una cinepresa super 8. Spesso la mente non ricorda tutto. Non può, non vuole. Così ho unito ricordi e pensieri alle immagini in pellicola e alle voci e ai rumori di quel nastro magnetico.
E ho ripercorso i giorni che hanno preceduto quella notte, i minuti e le ore di quel 29 maggio, e quel che accadde dopo.
Heysel è un termine che schiocca oggi come una frustata. Non è più uno stadio, Heysel, è il rumore di un dolore. Occorre ricostruire in fretta quel che significa, e quel che evoca. Perché senza memoria saremmo luci spente.
Emilio Targia