Sono una strega, non sono una santa
Sono una strega, non sono una santa, di Beppe Roncari
“Tremate, tremate, le streghe son tornate!” Questa vecchia filastrocca per bambini divenne il motto del movimento femminista degli anni Settanta. E non avrebbe potuto essere più appropriato. Per quanto gli storici non siano ancora concordi sull’entità del fenomeno della caccia alle streghe, e sul numero delle vittime, su un punto sono unanimi: furono molte più donne che uomini a essere condannate a sequestro dei beni, a penitenze umilianti e soprattutto al rogo.
Jan van de Velde (II), Strega, 1626, Rijksmuseum di Amsterdam
https://www.rijksmuseum.nl/nl/collectie/RP-P-OB-15.310
Nella Milano dei primi decenni del Seicento, quella del cardinal Federico Borromeo, su nove esecuzioni capitali documentate, otto furono di streghe e una soltanto di uno stregone. Ma si presuppone che le condanne siano state molte di più, dato che le carte dell’Inquisizione finirono anch’esse in fiamme nel 1788, per ironia della sorte. Bruciate per ordine dell’imperatore asburgico!
A esacerbare questo divario tra i sessi contribuisce il fatto inquietante che mentre le donne che praticavano la magia venivano considerate automaticamente malefiche, esseri capaci di macchiarsi dei crimini più efferati, compresi vampirismo e infanticidio, i loro colleghi di sesso maschile, maghi o negromanti che fossero, venivano spesso protetti dai potenti.
Ecco così il paradosso di un mondo in cui Nostradamus veniva onorato alla corte di Francia dalla regina Caterina de’ Medici, mentre una popolana omonima della sovrana, Caterina de’ Medici da Broni, veniva bruciata come strega alla Vetra. L’accusa contro Caterina era di aver lanciato un maleficio di morte sul senatore Luigi Melzi, padre del vicario di provvisione dei Promessi Sposi, che tuttavia sopravvisse benissimo. Dalle carte processuali, però, emerge in filigrana una storia molto diversa: l’anziano padrone si era invaghito di Caterina, con tanto di avances e molestie sessuali… ma questa scomoda realtà non poteva essere accettata, soprattutto perché rischiava di mettere in questione una cosa molto più preziosa della verità, ovvero il patrimonio di famiglia.
Caterina era di estrazione popolare ma istruita, il padre era maestro elementare e le aveva insegnato a leggere e scrivere. E aveva fieramente riconosciuto di essere una strega. Ma era povera, senza una famiglia alle spalle e, oltretutto, laica. La sua sorte sarebbe stata diversa se fosse stata nobile, ricca o religiosa?
Possiamo avvicinarsi a una risposta osservando la vicenda di tre sue omonime: Caterina di Jacopo di Benincasa, meglio nota come santa Caterina da Siena, Caterina Fieschi Adorno, cioè santa Caterina da Genova, e infine Caterina Mattei, la beata Caterina da Racconigi, soprannominata in vita la masca, cioè strega, di Dio.
Tutte queste donne vissero esperienze simili a quelle descritte dalle streghe: il volo notturno, le estasi, l’insensibilità al fuoco o al dolore, miracoli curativi, visioni di angeli e demoni o di atti sessuali sfrenati.
Il confine tra santità e stregoneria era molto più labile di quello che potremmo immaginare, e a volte era solo una questione di fortuna, o di avere gli appoggi giusti, a fare la differenza tra le donne che venivano elevate sugli altari… o sulle pire dei roghi.
La Monaca di Monza stessa, suor Virginia, al secolo la nobile Marianna de Leyva, per giustificarne il voto infranto invocò motivazioni magiche, affermando di essere stata vittima di un sortilegio amoroso da parte del suo amante, Gian Paolo Osio. E di aver cercato a sua volta di sottrarsi alla sua influenza facendo ricorso alla stregoneria. Probabilmente, è solo grazie all’enorme prestigio della sua famiglia e al fatto che vestiva l’abito di monaca benedettina se riuscì a scappare a una condanna capitale, cavandosela solamente, si fa per dire, con la pena di essere murata viva.
Nella scrittura dei Promessi Sposi, Manzoni afferma di aver sfrondato intenzionalmente ogni riferimento all’elemento magico, se si eccettuano poche allusioni, attribuite quasi tutte all’Anonimo. Lucia appare allora, per usare le parole irriverenti e sarcastiche di don Abbondio, un’acqua cheta, una santarella, una madonnina infilzata. Ma… e se la realtà fosse stata diversa? What if Lucia e sua madre Agnese fossero state costrette a nascondere la loro vera natura da un mondo ingiusto e maschilista, che lasciava ben poca scelta a una donna: suora, madre, prostituta o… strega? Tra le pagine di Engaged potrete scoprire una versione alternativa delle loro vicende.
Per approfondire:
Silvia Tenderini, “L’Inquisizione valsassinese: povere rosse a Pasturo…”, 2010, https://www.valsassinanews.com/2010/12/11/domenicaculturalelinquisizione-valsassinese-povere-rosse-a-pasturo/
Ilenia Luongo, “La donna e la sua immagine: santa o strega?”, 2021, https://amantidellastoria.wordpress.com/2021/01/25/la-donna-e-la-suaimmagine-santa-o-strega-di-ilenia-luongo/
Marcello Craveri, “Sante e streghe. Biografie e documenti dal XIV al XVII secolo”, 1980
Leonardo Sciascia, “La strega e il capitano”, 1985
Elisabetta Lurgo, “La beata Caterina da Racconigi fra santità e stregoneria. Carisma profetico e autorità istituzionale nella prima età moderna”, 2013
Dinora Corsi, “Diaboliche, maledette e disperate le donne nei processi per stregoneria”, 2013
Marina Marazza, “Il segreto della Monaca di Monza”, 2014 Marina Marazza, “L’ombra di Caterina”, 2019