Tina Anselmi: storia di una passione politica
“L’affaire Moro resta uno dei segreti meglio ‘custoditi’ d’Italia.” Anche di questo, con le parole di Tina Anselmi, nella sua autobiografia scritta con Anna Vinci, si discuterà a Roma il 23 gennaio alle ore 18,30.
Di seguito un breve passaggio del capitolo del libro, dedicato alla strage di Via Fani del 16 marzo 1978 che ci fanno capire la forza analitica della prima donna ministro in Italia, presidente della Commissione bicamerale inquirente sulla loggia massonica P2 di Licio Gelli. L’unica personalità a cui, in vita, nel giugno del 2016, fu dedicato un francobollo.
“Il 16 marzo del 1978 la scena politica fu macchiata dal sangue dell’uccisione della scorta dell’onorevole Aldo Moro, dal suo rapimento.
Il rapimento del leader della DC, l’uccisione dei cinque uomini della sua scorta – Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi –, e poi i lunghissimi giorni di prigionia e il suo assassinio furono la più grande tragedia politica che potesse abbattersi sull’Italia.
In quei mesi, non dobbiamo mai dimenticarlo, dobbiamo ricordarlo ai giovani, si apriva davanti a noi una grande stagione politica, e Moro ne era protagonista insieme ai capi di altri partiti, che gli riconoscevano la statura umana, culturale e politica. Purtroppo il suo venir meno ci dice quanto la sua figura fosse importante: è stato ucciso perché non si voleva che egli in fluisse sul futuro politico dell’Italia.
Quell’assassinio avrebbe dovuto mettere subito in guardia – ma così non fu – i democratici cristiani, e non solo noi. In quella tragica partita la posta in palio era la democrazia del nostro paese, il destino di chi la sostiene, di chi la promuove. Se addirittura si arriva all’assassinio politico, vuol dire che la controparte è spietata, e userà con spietatezza il suo potere”.