Per decenni la guerra di liberazione è stata blindata dal Pci, che ne fu il principale protagonista, in una sorta di mito fondativo della Repubblica, al riparo da qualunque critica. A violare il silenzio istituzionale ci ha pensato il nuovo capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che nel primo messaggio al Parlamento ha ricordato la Resistenza, certo, ma anche le sue zone d'ombra, gli eccessi, le aberrazioni. Una schiettezza ancora più apprezzabile, perché viene proprio da un leader politico cresciuto nella famiglia comunista. Che cosa è intervenuto per far emergere questa verità persino al Quirinale? Forse devono aver influito pure i libri di Giampaolo Pansa sulla guerra civile. Un lungo racconto, iniziato nel 2002 con "I figli dell'Aquila" e proseguito con "Il sangue dei vinti" e "Sconosciuto 1945". Ora il racconto si conclude con "La Grande Bugia". È un testo diverso dai precedenti. Anche qui il lettore troverà nuove testimonianze emerse dal mondo dei fascisti sconfitti. Ma il cuore del libro è un altro, ed è rivolto all'oggi. C'è il diario delle esperienze di Pansa come autore di ricerche sulla guerra interna. C'è la sua risposta alle stroncature più acide. E infine la ricostruzione di vicende accadute a personaggi che, prima di lui, sono passati sotto le forche caudine di chi rifiutava qualsiasi revisione della Grande Bugia.
Giampaolo Pansa
Giampaolo Pansa (Casale Monferrato, 1935), grande firma del giornalismo italiano, ha pubblicato con Sperling & Kupfer romanzi e saggi diventati grandi bestseller, fra i quali Il sangue dei vinti, La Grande Bugia e I Gendarmi della Memoria.