In fin dei conti, ognuno di noi le usa. Perché sono
immediate, perché le sentiamo in ogni dove, perché
chiunque le capisce (o almeno finge bene),
perché quando non abbiamo altre parole fungono
da salvifico pronto soccorso linguistico. Sono
le frasi fatte: espressioni idiomatiche, modi di
dire, metafore logore e formule preconfezionate
che hanno invaso ogni ambito semantico. Il burocratese
ne abbonda, il giornalese ne abusa, in
cucina sono uno degli ingredienti principali e nel
meteo poi mietono più vittime dei violenti nubifragi.
A volte servono a dare colore al discorso o a
rompere il ghiaccio, ma più spesso appiattiscono
la comunicazione in un prevedibile ammasso
verbale trito e ritrito, con il risultato di parlare
molto senza dire niente. In questo libro, Massimo
Roscia, il non-linguista, non-lessicografo e
non-grammatico più innamorato dell'italiano,
si diverte a prendere in giro la nostra inveterata
tendenza a usare formule stereotipate a ogni
piè sospinto. Lo fa tramite la storia di Mario, un
mite impiegato romano che, ovunque si volti, si
imbatte nella quintessenza della banalità espressiva,
fino ad avere il sospetto che a essere trita
e ritrita non sia la lingua, ma l' idea. Giocando
con le parole come Flaiano e Campanile, Roscia
torna a farci sorridere e riflettere sull'uso, talvolta
bizzarro, che facciamo dell'italiano, e ci invita
a cercare (almeno) un modo migliore per dire
sempre le stesse cose.
Massimo Roscia
MASSIMO ROSCIA, nato a Roma nel 1970 circa, è un personaggio proteiforme e di difficile catalogazione. Critico enogastronomico, collaboratore del Gambero Rosso, già condirettore editoriale del periodico Il Turismo Culturale, pifferaio magico, mimo parlante, imbonitore, decente docente (insegna, tra l'altro, comunicazione, tecniche di scrittura, editing e marketing territoriale), esperto di «HTTP Error 404 ¿ File not found», incensurato, automunito, militassolto, collezionista di periodi ipotetici del terzo tipo e, non ultimo, scrittore. Autore di romanzi, racconti, saggi, guide turistiche, sceneggiature televisive e biglietti per biscotti della fortuna, vincitore di diversi premi letterari e partite a tressette, ha esordito con Uno strano morso ovvero sulla fagoterapia e altre ossessioni per il cibo (Edizioni della Meridiana, 2006). Dopo il fortunatissimo romanzo La strage dei congiuntivi (Exòrma, 2014), è tornato a occuparsi della lingua italiana con il saggio Di grammatica non si muore (Sperling & Kupfer, 2016). Non pago, ha scritto anche Peste & Corna.