Contro la bellezza. La sfida per salvare i tesori dell’arte dalla furia dell’Isis
Era il 12 marzo 2001 quando i talebani fecero saltare in aria le due grandi statue dei Buddha che da oltre millecinquecento anni si affacciavano sulla valle di Bamiyan, in Afghanistan. Un boato e una nuvola di polvere scossero il mondo avvertendo che i distruttori di immagini – gli iconoclasti – erano riemersi come fantasmi dal buio dei secoli per abbattere ogni statua, ogni figura che rappresentasse esseri umani. L’intera storia dell’arte era entrata nel loro mirino, ma non ci volemmo credere e pensammo si trattasse di un episodio, gravissimo sì, ma solo un episodio. Purtroppo non era così e nei giorni che seguirono migliaia di statue del museo di Kabul furono fatte a pezzi. Pochi ci fecero caso, l’Afghanistan era così lontano.
Mi ricordai allora di un lungo saggio che due anni prima un celebre archeologo svedese mi aveva regalato. In quel testo parlava dell’iconoclastia come di un antico mostro annidato nel cervello dell’umanità tutta – non di un popolo o di una cultura –, sempre pronto a risvegliarsi per seminare distruzione e morte secondo un tragico rituale immutato nel tempo. Le prove che aveva raccolto a sostegno della sua tesi erano indiscutibili. Tornai a rileggere quel testo alcuni mesi fa, mentre gli iconoclasti dell’Isis abbattevano statue e monumenti, sgozzando chiunque si opponeva ai loro crimini.
Un libro non può nulla contro tanta follia, ma può aiutare a capire dove affondano le sue radici. Con questa speranza ho scritto Contro la bellezza.
Viviano Domenici