Giornata della Memoria: i libri per ricordare

“Non siate indifferenti, non omologatevi e stupitevi del male altrui”.
 Lilliana Segre

 Il 27 gennaio è la Giornata della Memoria, dove si ricordano le vittime dell’Olocausto, del fascismo e nazismo, ed è celebrata in tutto il mondo.

Tra i consigli di lettura di Frassinelli ricordiamo gli indimenticabili best-seller diventati veri e propri capolavori della narrativa sull’Olocausto.

 LA LISTA DI SCHINDLER – THOMAS KENEALLY

«Chi salva una vita salva il mondo intero». 

 Una storia di resilienza e coraggio, un classico moderno da cui è stato tratto il film-capolavoro di Steven Spielberg.

La straordinaria vicenda di Oskar Schindler, il giovane industriale tedesco che salvò la vita di migliaia di ebrei durante la persecuzione nazista. Amante del lusso e delle belle donne, considerato da molti un collaborazionista, Schindler riuscì a sottrarre uomini, donne e bambini allo sterminio, impiegandoli nella sua fabbrica come personale necessario allo sforzo bellico. Un’operazione rischiosa, con la quale mise in pericolo la propria vita. Commovente e indimenticabile, una pietra miliare della narrativa sull’Olocausto.

STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI  – MARKUS ZUSAK 

“Quasi tutte le parole stanno sbiadendo ormai, il libro nero si sta disintegrando a causa dei miei tanti viaggi. Per questo motivo vi ho raccontato questa storia. Cosa vi avevo detto? Racconta qualcosa abbastanza volte e non la dimenticherai mai.”

È il 1939 nella Germania nazista. Tutto il Paese è col fiato sospeso. La Morte non ha mai avuto tanto da fare, ed è solo l’inizio. Il giorno del funerale del suo fratellino, Liesel Meminger raccoglie un oggetto seminascosto nella neve, qualcosa di sconosciuto e confortante al tempo stesso, un libriccino abbandonato lì, forse, o dimenticato dai custodi del minuscolo cimitero. Liesel non ci pensa due volte, le pare un segno, la prova tangibile di un ricordo per il futuro: lo ruba e lo porta con sé. Così comincia la storia di una piccola ladra, la storia d’amore di Liesel con i libri e con le parole, che per lei diventano un talismano contro l’orrore che la circonda. Grazie al padre adottivo impara a leggere e ben presto si fa più esperta e temeraria: prima strappa i libri ai roghi nazisti perché «ai tedeschi piaceva bruciare cose. Negozi, sinagoghe, case e libri», poi li sottrae dalla biblioteca della moglie del sindaco, e interviene tutte le volte che ce n’è uno in pericolo. Lei li salva, come farebbe con qualsiasi creatura. Ma i tempi si fanno sempre più difficili. Quando la famiglia putativa di Liesel nasconde un ebreo in cantina, il mondo della ragazzina all’improvviso diventa più piccolo. E, al contempo, più vasto. Raccontato dalla Morte – curiosa, amabile, partecipe, chiacchierona – Storia di una ladra di libri è un romanzo sul potere delle parole e sulla capacità dei libri di nutrire lo spirito. Con una scrittura straordinaria per intensità e passione, Markus Zusak ci consegna uno dei romanzi più indimenticabili del nostro tempo.

Ricordiamo anche AVEVO 15 ANNI- ELIE BUZYN

Come tantissimi sopravvissuti (una per tutti, Liliana Segre), per decenni Élie non è riuscito a parlare di quelle atrocità, a cui tanti, troppi, sembravano non credere o non intendevano prestare ascolto, fino a quando non è scattata una molla che lo ha spinto a testimoniare, come per un preciso dovere morale, e ad accompagnare quindi ad Auschwitz dapprima figli e nipoti, e successivamente anche numerosi gruppi e scolaresche. Giovani soprattutto, perché, dopo la sparizione degli ultimi testimoni, spetterà a loro divenire «testimoni dei testimoni».

«Ricordare è necessario, oggi più che mai.»
Dall’introduzione di Dario Disegni.

Intervista a Elena Loewenthal – Alchimisti di parole

Intervista a Elena Loewenthal, traduttrice di Avevo 15 anni, per Alchimisti di parole

Il 21 gennaio, a una settimana dal Giorno della Memoria, pubblichiamo Avevo 15 anni, il memoir di Elie Buzyn, uno degli ultimi testimoni ebrei delle persecuzioni naziste. A parte le commemorazioni, che comunque rimangono sempre utili (basti pensare all’ondata di odio che ha colpito Liliana Segre quest’inverno, scatenata quanto meno dalla mancanza di memoria), il racconto di questo medico novantenne è una lettura commovente, il trionfo della vita e della giustizia sulla morte e la sopraffazione. A tradurlo con grazia è stata Elena Loewenthal, che abbiamo intervistato per Alchimisti di parole.

Elena, oltre a essere una traduttrice di grandissima esperienza sei anche autrice di saggi e romanzi: come ti avvicini al testo di un altro scrittore per tradurlo? Quali sono le tue tecniche di traduzione?

La traduzione è lavoro di “artigianato”, è un corpo a corpo con il testo. Difficile dire quali tecniche siano da usare: io faccio una sorta di analisi del periodo, frase per frase, e poi provo a immaginare come si sarebbe espresso l’autore se avesse avuto a disposizione l’italiano e non la sua lingua, che nel mio caso è quasi sempre l’ebraico. È un lavoro di intuizione, fantasia e metodo, la traduzione.

Nel caso di Avevo 15 anni, la particolarità del testo è che si tratta di un memoir, di una storia vera e non di un lavoro di finzione: che tipo di approccio hai di fronte alla voce dell’autore?

Ecco, era proprio l’impegno a “sentire” la sua voce, ad ascoltarla. È un testo che va raccontato, immaginando di ascoltare l’autore che si racconta. Certo che in casi come questo, di memoria della Shoah, è sempre difficile, se non impossibile mettersi nei panni di chi ha vissuto e subìto esperienze così tremende, in fondo intraducibili.

In particolare, Elie Buzyn appartiene alla ormai purtroppo esigua schiera dei testimoni dell’Olocausto: tu stessa ne hai scritto (penso per esempio al romanzo che abbiamo pubblicato qualche anno fa, Lo strappo nell’anima). Hai dovuto scavare anche nella tua memoria di ricercatrice per verificare i fatti storici?

Il confronto con l’evidenza dei dati storici è sempre indispensabile. Ma nel caso di memorie della Shoah io credo che la cosa più importante sia proprio cercare una condivisione emotiva più che razionale con quegli eventi, che vanno al di là di ogni ragione storica. Una condivisione emotiva fatta di partecipazione ma anche e forse soprattutto della consapevolezza che non riusciremo mai a comprendere che cosa passa nella testa e nel cuore di un sopravvissuto: c’è un confine invalicabile fra quel dolore e la nostra capacità di capire – di noi che non siamo stati laggiù.

Credo che il tuo coinvolgimento nel tradurre questo libro sia speciale, poiché appartieni alla comunità ebraica. E siccome sei anche giornalista, ti chiedo un commento più generale sull’importanza di continuare a leggere testimonianze come questa.

È fondamentale continuare a tramandare il racconto. Come ha detto Primo Levi, il fatto che sia successo non ci mette al riparo, anzi, moltiplica le probabilità che accada di nuovo.

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