Resoconto di una presentazione.
Prendete uno di quei libri che proprio avete amato (stiamo parlando di Bambino 44), mettete l’attesa mista all’ansia per la trasposizione cinematografica (per quanto il cast sia buono e Gary Oldman una garanzia), aggiungete la lettura di un thriller totalmente diverso e la voglia di capire il perché di questa trasformazione letteraria: ecco lo stato d’animo con cui abbiamo seguito la presentazione de La Casa di Tom Rob Smith ieri a Milano.
Era presente, ovviamente, l’autore, questo giovane e bravissimo Tom Rob Smith (pieno di una sensibilità che trasuda dai suoi romanzi ma che ti stupisce sempre quando la senti di persona) intervistato da Luca Crovi, che ha posto domande tanto puntuali e intelligenti che alla fine gli interventi del pubblico sono stati minimi.
Partiamo dall’inizio: The Farm, che è la casa sperduta, isolata, viene tradotto con La Casa anche perché “la casa” si porta dietro un ricordo collettivo legato a un notissimo film dell’orrore.
Tutto nasce da una storia realmente capitata all’autore, contattato dal padre per metterlo in guardia sulla presunta pazzia della moglie, e la telefonata di lei, che gli chiede un incontro per raccontargli la verità sul marito. A chi credere?
Da un episodio vero si srotola un susseguirsi di avvenimenti, raccontati da due punti di vista: quello del protagonista e quello di sua madre. Non ci sono morti, né azioni o inseguimenti. Tutto ruota intorno alla verità, ai segreti (si può accusare i propri genitori di aver nascosto qualcosa quando non si è mai detto loro della propria omosessualità?), intorno a delle voci narranti che indagano dentro se stesse.
Una prova di maturità da parte di Tom Rob Smith, che sollecitato a proposito di un prequel della trilogia che lo ha reso famoso ha risposto: never never never.
E giustamente, diciamo. Un passo avanti, o a lato. Sicuramente un’andatura diversa che trasforma la paura in ansia, l’attesa in angoscia, i personaggi in fantasmi.
Per chi: ama le letture intense e i grandi spazi
Da leggere: durante un weekend di solitudine
Bevendo: un tè inglese
Mangiando: biscotti svedesi (par condicio per le origini dell’autore)