Carola nasce da una storia lontana, da un episodio raccontatomi da un fratello di mio padre. Molto spesso i miei romanzi e i miei racconti nascono da narrazioni orali, da storie che mi capita di ascoltare tra la gente. In questo caso, l’episodio che ha ispirato Carola è la scomparsa di una sorellina di Ambrogina, la mia nonna paterna. Lei proveniva da una famiglia povera e numerosa, dove il compito delle donne, oltre che lavorare in casa, era quello di fare figli. Una delle sorelle di nonna, poteva avere circa due anni, era caduta nel Naviglio e in famiglia si era immaginato per giorni che fosse svanita in qualche modo incomprensibile.
Questo episodio è rimasto nella mia memoria fino a quando ho cominciato a scrivere di Carola, una ragazzina che è nata e vissuta a Robecco fino ai sedici anni, fino al momento in cui le capita un episodio tanto sconvolgente da spingerla alla fuga, lei così apparentemente tranquilla e con una vita semplice ma scandita da ritmi regolari e rassicuranti, circondata dalla numerosa famiglia, impegnata ad aiutare la madre e a curare l’amata sorellina, Tonietta.
Ecco, l’episodio sconvolgente doveva essere legato all’unico amore della sua giovane vita, al gancio sicuro che la teneva legata alla sua terra d’origine: Tonietta.
Sparita Tonietta, Carola ha una sola possibilità: cercarla, ritrovarla, riportarla a sé.
Ed è così che un giorno d’estate del 1905 comincia il suo viaggio che sembra una fuga ma che si rivela una scoperta: quella di se stessa, del desiderio di conoscere il mondo, di affrancarsi da una realtà sicura ma senza prospettive per lei, giovane donna povera dell’inizio del secolo.
Il mondo attorno sta esplodendo (in Europa si sviluppano movimenti culturale e artistici; ci si sta inesorabilmente avvicinando alla Prima Guerra Mondiale; le geografie umane e fisiche del Millenovecento stanno mutando) ma Carola, quando inizia il suo viaggio, né è ancora inconsapevole.
Lei fugge con la convinzione di voler trovare Tonietta, ma mano a mano che procede si rende conto che quello è un viaggio da cui non vuole fare ritorno.
Incontrerà sulla sua strada una compagnia di attori itineranti, i Meravigli, che segneranno per sempre le sue scelte. Non a caso Carola si aggregherà a una compagnia teatrale girovaga. Gli attori, soprattutto quegli attori, gli “scavalcamontagne”, rappresentano non solo l’avventura ma anche un mondo che ha rotto con le convenzioni sociali, che ha regole proprie, un linguaggio proprio, una vita a sé. Ed è con loro che Carola comprenderà l’importanza e la ricchezza delle proprie capacità sia umane che professionali. Le sue mani tanto belle e che tanta ammirazione suscitano in chi le guarda, incarneranno la possibilità di emancipazione. Diventerà un’eccellente sarta e potrà girare l’Europa da sola grazie alla sua bravura e alla sua intraprendenza.
Tra i Meravigli, Carola incontrerà Leo, il bambino che la sceglie come unica depositaria del suo segreto. Con Leo, lei inizierà un altro viaggio, più profondo, emotivo ed emozionante. Un viaggio che si rivelerà il più difficile e sorprendente.
E questa è Carola Gigli, una giovane donna curiosa e più forte di quanto nemmeno lei stessa possa immaginare, che naviga a vista (in senso metaforico e fisico) – dalle acque dei Navigli a quelle della Senna – con un unico pensiero: ritrovare quella bambina persa tanti anni prima. Ritrovarla e riabbracciarla per poter ritrovare la pace.
Carola credo assomigli a molti di noi: in fuga, in viaggio, in avventura per ritrovare quella parte bambina che abbiamo lasciato alle nostre spalle molto tempo fa ma senza la quale non possiamo vivere. Una donna pronta a mettersi in gioco, a innamorarsi, a essere amata, senza calcoli, senza troppi compromessi, vincendo la paura che la terrebbe ferma, incastrata in un’esistenza senza colori.
Carola Gigli è la vita.
Barbara Garlaschelli