Quante cose possiamo vivere per la prima volta?
Mi sono posta spesso questa domanda negli ultimi tempi, in particolar modo nel tempo legato alla stesura del libro, che ad un certo punto ho addirittura messo in stand-by perché era come se, dopo aver spento le mie trentatré candeline, avessi iniziato un nuovo ciclo di vita, una sorta di rinascita interiore che richiedeva maggior tempo per essere metabolizzata. Mentre cercavo parole nuove e rileggevo quelle già scritte, trovavo continuamente cuori a terra e ho sempre pensato non fosse un caso, ma una sorta di: “Sei sulla strada giusta”, una rassicurazione per il mio animo sempre in tempesta.
“Ho trovato un cuore a terra ma non era il mio” credo sia il mio libro più intimo perché è il simbolo di un viaggio diverso da tutti gli altri miei viaggi fatti con carta e penna.
Nina, la protagonista, amante della solitudine, in realtà ha solo un carico di paure troppo grandi con sé ed è vero che le persone sono in grado di ferirci, ma è ancor più vero che anche noi stessi siamo perfettamente in grado di farci del male da soli.
Ho cercato di toccare tante “corde” della vita, tanti sentimenti e stati d’animo provati, sentiti, respirati mentre andavo in bici con la musica nelle cuffie, mentre camminavo in silenzio a riva o mi fermavo a riflettere seduta sul mio scoglio preferito davanti al mare.
La nostra esistenza è una costellazione di lezioni continue e spesso abbiamo la sensazione di non aver appreso molto o addirittura niente. La verità è che scavando un po’ a fondo, dove andiamo a nascondere tutto ciò che ci spaventa di più, risiedono tantissime risposte. La differenza sta nell’iniziare a scavare per scoprire cosa potrebbe esserci e la cosa straordinaria è che non è detto che ci siano solo brutti ricordi, ma anche tanti piccoli spiragli di luce e speranza per ricostruire il nostro presente e perché no, persino il nostro futuro.
Lasciatevi la possibilità di sorprendervi ancora.
La felicità è coraggio.