In un bel discorso fatto ai laureandi del Kenyon College nel 2005, lo scrittore David Foster Wallace racconta: “Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce più anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: – Salve ragazzi, com’è l’acqua? – I due pesci nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa: Che cavolo è l’acqua?”.
L’aneddoto si presta a molte interpretazioni. Prima di tutto, ci fa notare che non conosciamo la realtà che ci circonda e che le cose ovvie e onnipresenti possono risultare invisibili. Come gli ostacoli di genere (grandi o piccoli che siano) che le donne incontrano nel mondo del lavoro e che anche le più giovani fanno fatica a vedere.
Mi capita spesso di parlare con donne all’esordio della vita professionale e di sentirmi dire che i problemi di genere sono retaggi del passato, che loro potranno fare tutto, nel mondo del lavoro e nella vita privata, esattamente come gli uomini; basta solo volerlo.
Da un lato, questa sicurezza e questo ottimismo mi piacciono. Le donne della mia generazione, all’apparenza più battagliere, erano però più rassegnate. Da un’angolatura diversa invece, questo non vedere l’acqua mi preoccupa. Mi occupo di questioni di genere e so che le difficoltà ci sono ancora e che le credenze autolimitanti mietono vittime nel nostro genere più che in quello opposto.
Ci sono due reazioni possibili quando le giovani negano che ci siano ostacoli di genere: brindare, con ottimismo un po’ incosciente, alla parità finalmente raggiunta, oppure fare la guastafeste.
Credo sia sbagliato drammatizzare la situazione che in fondo è in miglioramento, anche se lento, però penso che sia ancora più pericoloso il negazionismo. Proprio perché questa generazione di giovani donne sicure, determinate e orgogliose mi piace molto e perché gli ostacoli di genere, se conosciuti, sono superabili, ho scritto un manuale che vuole aiutarle a non cadere nelle trappole in cui sono caduta io (e molte altre), tanti anni fa.
Queste insidie sono come l’acqua per i pesciolini dell’aneddoto. Ho intitolato il mio libro Il talento delle donne perché ritengo che avere successo nella vita professionale richieda alle donne, ancora oggi, un talento in più: quello di riconoscere le barriere di genere per riuscire a superarle con abilità e leggerezza.
Fortunatamente, è un talento che si può apprendere.
Odile Robotti