“È incredibile quanti segreti ci possano essere in una coppia. Quest’idea democratica che bisogna dirsi tutto… Si vive nella stessa casa, si divide lo stesso letto, ma fino a che punto si può dire di conoscere veramente l’altro?”
Questa frase Lizzie, la bibliotecaria protagonista del romanzo Come un ricordo che uccide, la sente solo alla fine della vicenda narrata e a pronunciarla è Victoria, donna che alle bugie – accumulate strada ed error facendo – sta soccombendo. Probabilmente la stessa frase, se qualcuno l’avesse riferita alla povera Lizzie un anno prima, non avrebbe avuto lo stesso effetto, non avrebbe squarciato alcun velo, non avrebbe scalfito la fiducia nel prossimo e la bontà che la donna ha sempre dimostrato.
Eppure.
Eppure Lizzie a un anno dalla morte di suo marito Zach viene travolta da una slavina di frottole, menzogne, finzioni e cade in un vortice di paranoia che la porta a dubitare di tutto. Contemporaneamente alla sua storia leggiamo il diario di Zach marito attentissimo, esageratamente innamorato, principe azzurro soffocante: pagine sull’altrui colpevolezza, sull’autoassoluzione, sulla verità riguardo al passato.
Zach è un uomo malato, le sue menzogne sono patologiche. Ma quando le bugie servono a preservarsi dalle critiche, a dissimulare, a nascondersi, a raggiungere un obiettivo; quando le bugie portano dolore e sofferenza, con che atteggiamento le giudichiamo? Salvare noi stessi determina necessariamente la distruzione dell’altro? Abbiamo davvero la sola certezza che la verità è figlia del tempo?
Come un ricordo che uccide vi stupirà, sicuramente.
Consigli di lettura: di notte, ma in compagnia.
Accompagnando ogni pagina con sorsi di camomilla e biscotti al tè verde.