Viviamo un momento storico non facile. Tutto è messo in discussione. Tra le poche certezze cui aggrapparsi c’è la convinzione che i film siano sempre peggiori dei libri da cui sono tratti. Quante volte abbiamo ascoltato “Sì, film carino… ma il libro era tutta un’altra cosa…”, “Io quel personaggio lo immaginavo completamente diverso…”, “Hanno tagliato le scene più belle…”. In altre parole, mai che si riconosca l’autonomia artistica dell’opera cinematografica, dettata dalle caratteristiche del proprio linguaggio, e il suo essere altro dallo specifico letterario che la ispira.
Da sempre propugnatori dell’equazione arte = impegno, consci che compito di un intellettuale nell’odierno sfacelo della cultura italiana sia soprattutto quello di formare un pensiero diverso da quello omologato, ci siamo guardati negli occhi e abbiamo raccolto la sfida. Basta! C’è il momento della riflessione e quello dell’azione. Ebbene, è giunto il momento in cui agire è un dovere morale. Con ogni mezzo a disposizione, lecito e meno lecito. Tutto è ammesso acciocché uscendo dal cinema si possa finalmente ascoltare: “Il film insomma, così così… ma il libro è proprio una chiavica”.
È con questo spirito che abbiamo affrontato l’appassionante fase della scrittura. Quelli della Sperling che insistevano: “Ma siete sicuri, lo scrivete proprio tutto da soli? Non sarebbe meglio farvi affiancare da qualcuno più esperto…?” E no… E no! Così son bravi tutti! Questo libro è roba nostra, ce lo dobbiamo sudare parola dopo parola. In tanti son capaci di scrivere libracci, ma qui dobbiamo superarci. In ballo c’è la svolta nel pensiero collettivo, un nuovo ordine sociale.
E non è per farci belli, ma vi assicuriamo che il compito non era affatto facile. La sceneggiatura, un mirabile gioco di ribaltamenti e colpi di scena, era piena di spunti e di personaggi interessanti. Sono stati tagliati tutti, senza eccezioni. Laddove faceva capolino un dialogo frizzante, spiritoso e al contempo capace di mandare un messaggio importante al lettore (abilità, sia detto per inciso, nella quale eccelliamo), ci siamo sforzati di appiattire il tutto, banalizzarlo. Per non parlare del finale del film, un vero capolavoro di costruzione narrativa, dove lo spettatore piange e ride simultaneamente, spiazzato di fronte alla devastante abilità degli autori di scardinare gli anfratti più segreti delle sue emozioni. Ecco, quel finale nel libro non c’è.
Insomma: quello che avrete tra le mani una volta recativi in libreria è un atto di ribellione: il frutto di un certosino lavoro di demolizione, compiuto con scrupolo e dedizione alla causa. Non lasciate che questo sforzo sia vano. Compratela questa schifezza di libro. Una, dieci, cento copie. Regalatelo. Leggetelo ai bambini. Diffondetene il verbo. Poi guardatevi il film. E vedrete se non abbiamo ragione.
Massimo Cappelli
Fabio Troiano