Di grammatica non si muore – intervista a Massimo Roscia

DI GRAMMATICA NON SI MUORE: Un libro che segue le regole ma esce dagli schemi, descrive e circoscrive l’uso ma non prescrive, mette in rima le norme ma non mette in riga chi si applica.


Intervista a Massimo Roscia,
che è un personaggio proteiforme (possiamo confermare).

1) Di grammatica non si muore… ma le ripetute violenze all’italiano uccideranno prima o poi la nostra lingua?

Nonostante le sadiche sevizie inflitte a colpi di qual’è, , stò, ce né, almeno che, senza e senza ma, d’avvero e daccordo, avvolte e apparte; nonostante lo sversamento di liquami sotto forma di condizionali utilizzati al posto dei congiuntivi; nonostante le violente inversioni di singolari e plurali, maschili e femminili, maiuscole e minuscole; nonostante i “come ai fatto?”, i “vietato hai minori” e le altre mutilazioni della povera lettera H; nonostante tutto… l’italiano – che è una lingua forte, reattiva, resistente agli urti e capace di generare i necessari anticorpi – sopravviverà. Lo per certo.

2) Secondo te cosa fa più male: un congiuntivo sbagliato o la K al posto di CH?

In determinati – e ben circoscritti – contesti linguistici (uno scambio di messaggi tra adolescenti su whatsapp per organizzare una cena prima ke riapra la scuola), la sostituzione del digramma ch con il grafema k può anche essere tollerata; in altri contesti (un tema di italiano, l’articolo di un quotidiano o una tesi di laurea), decisamente no. Con il congiuntivo invece non si scherza, mai. Bastano un “Se stassi un po’ in silenzio”, un “Se io sarei ricco, sarei sempre in vacanza” o un “Se lo avrei visto, non te lo avrei chiesto” per entrare direttamente nel penale.

3) Ce la fai la classifica delle cose peggiori che hai letto? Basta una #top5 degli orrori?

Nonostante i lodevoli sforzi di genitori e di ottimi insegnanti, gli orrori sono ancora tanti, troppi. Servirebbe (e non servisse) una top 5 milioni. Preferisco quindi sdrammatizzare, dando un’occhiata alle ultimissime segnalazioni pervenute – il flusso è pressoché costante – e indicandoti qualche errore (divertente): 1) la metà morfosi; 2) una brutta carta da pelare; 3) Miss credente; 4) procedere a passo duomo; 5) la famosa porchetta da Riccia.

4) Ma parlare in italiano perfetto non fa vecchio parruccone?

Al contrario. Parlare e scrivere bene serve a comunicare in maniera più chiara, efficace e moderna, aiuta a trasmettere al meglio le proprie emozioni, fa apparire eternamente giovani, al passo con i tempi e fighi (o, dipende dalla latitudine, fichi). E poi esercita un grande fascino. Un congiuntivo perfettamente coniugato può essere più sensuale degli addominali a tartaruga.

5) È proprio il caso di dire: “Oh tempora! Oh mores!”?

È proprio il caso di dirlo. Così come è il caso di dire “Karpe diem”, “Qui prodest”, “Super partner”, “Ostorto collo”, “Dos ut des”, “Mutandis mutandis”, “Una tandem”, “Errata coccige”, “Deo gratis”, “Lupu s’infabula” e, dulcis in findus, “Repetita Juve”.

Con l’italiano giocando s’impara!

L’italiano in gioco è un libro di giochi linguistici che dà molto spazio alle soluzioni: per ogni domanda – che può riguardare la grammatica oppure la pronuncia, l’etimologia o il significato delle parole -, la soluzione consiste in una breve spiegazione che chiarisce perché una forma è giusta e una, invece, sbagliata, o qual è l’origine di una parola, o come sono nati i modi di dire che usiamo sempre ma dei quali non sapremmo spiegare il senso.

Ecco il trucco: imparare giocando. In questo modo, il libro potrà essere al tempo stesso utile e divertente, e forse contribuire, mettendola  in gioco, a far conoscere e amare di più la nostra bella lingua.

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