Morrison, 5 marzo 2020
Non so se capita anche a voi, ma in questi giorni di cambiamenti delle abitudini, dettati dall’emergenza e anche dalla preoccupazione del contagio, ho cominciato a vedere il posto in cui vivo in modo diverso. Il posto in cui vivo è Milano, per non rimanere nel vago, però mi sembra che sarebbe successa la stessa cosa ovunque. I ritmi rallentati, il traffico quasi inesistente, la gente sparsa, anche la sera, anche nel weekend. Ognuno avrà cominciato a fare le sue considerazioni, come me, qui e ora vi dico solo che tutto questo – ritmi, persone, movimento – mi ha fatto venire in mente un brano che avevo letto in Jazz, di Toni Morrison. Tra parentesi, Jazz è un romanzo ambientato nella Harlem degli anni Venti, una storia di emigrazione dalla campagna alla città, anzi alla Città, che modella l’animo umano e ne influenza i rapporti con gli altri. Una storia di amore e rabbia raccontata a ritmo di jazz, appunto. È un libro bellissimo, che ve lo dico a fare.
Comunque, per tornare al brano di cui vi parlavo, mi chiedo se anche a voi la nuova geografia che vi circonda ha fatto venire in mente qualcosa del genere, vi ha ricordato qualcosa che avete letto o visto, o che state guardando o leggendo. A proposito, che fate di nuovo, nel tempo in più, se ne avete? Ieri ne parlavamo tra amiche: oltre a continuare a lavorare, magari da casa, c’è chi si ritaglia un momento per passeggiare coi figli, chi rinfresca il suo tedesco arrugginito, chi legge i libri che aveva lasciato indietro. E voi?
Ed ecco il brano (in verità ci sono pagine notevoli sulla città, questo è solo un assaggio):
«Città è come vuole che sia: prodiga, calda, spaventosa e piena di amabili estranei. Nessuna meraviglia che si scordi dei ciottoli dei torrenti, e se non dimentica del tutto il cielo, ci pensa solo come a un frammento d’informazione sull’ora del giorno o della notte.»