“Non sono mai stato un uomo facile alle lacrime”.
22.11.63 si apre così, con un’affermazione del protagonista alla quale non si dà peso, eppure preannuncia una cosa certa, di lacrime ce ne saranno, e tante. Jake Epping, docente d’Inglese al liceo di Lisbon, Maine, è un uomo insoddisfatto dalla propria vita. Un divorzio alle spalle, un lavoro che non lo appassiona più come un tempo: il preambolo è lo stesso che apre la serie tv, prodotta da J.J. Abrams con la benedizione di uno Stephen King in stato di grazia, in onda su Fox a partire dall’11 aprile.
Quello che Jake non sa, prima di entrare nella tavola calda di Al Templeton, è che il destino lo ha messo alla guida di una missione speciale. 22.11.63 tratta temi affrontati in milioni di altri contesti: i viaggi nel tempo, l’effetto farfalla, i mutamenti del passato e le ripercussioni sul futuro alla base di queste scelte. Ma quello di cui il lettore e, di riflesso, lo spettatore non è ancora consapevole, è la splendida avventura che Jake inzia per salvare il Presidente J.F.K dall’attentato di Lee Harvey Oswald.
Una storia meravigliosa, mossa dalle pagine di un libro denso di spunti avvincenti che ci regala uno show televisivo memorabile, con buona pace di chi era convinto che non fosse più possibile adattare con la giusta dignità un romanzo di Stephen King. Una storia che brilla di emozioni e trova nell’interpretazione di James Franco e di un cast riuscitissimo la sua più alta consacrazione. Per intenderci, in certi punti siamo agli stessi livelli di Rob Reiner in Stand By me e Frank Darabont ne Il miglio verde.
Di cose ne succedono tante in 22.11.63. Intrighi, omicidi, profonde riflessioni storico-politiche, eventi sovrannaturali e misteriosi, riferimenti nascosti ad altre pietre miliari della narrativa kinghiana. La voce del Re è ovunque, palpabile, sovrasta la sceneggiatura rompendone le convenzioni in quello che – in fondo – si rileva il semplice pretesto per approfondire un avvenimento caro non soltanto a lui, che lo ricorda bene, ma anche a milioni di americani.
Non anticipiamo nulla perché è giusto che sia così, ma sappiate che le otto puntate che compongono la serie tv sono piene di motivi per cui gioire e per cui tenere i fazzoletti a portata di mano. Qualche piccola sbavatura non manca e forse lungo la strada dal libro allo schermo qualcosa è andato perso: il ritmo non sempre è ben dosato e qua e là mancano dei dettagli. D’altra parte anche i protagonisti, in una scena che non raccontiamo per non rovinarvi la sopreresa, tifano per il romanzo. Ma mai come in questo caso, al di là dei piccoli difetti e delle differenze con la storia originale, al di là della magnifica ricostruzione storica fatta di musiche, colori e macchine d’epoca che va a comporre il Texas degli anni ’60, ciò che più conta è il viaggio e quello che succede nel frattempo.
E poi c’è l’amore, Sadie, la root beer e la magia di avvenimenti accaduti in un tempo che non c’è mai stato, fragile da cancellare come un telefonino lanciato in uno stagno, difficile da modificare come un passato che lotta contro ogni interferenza. E la vita, a cui assistiamo da spettatori inermi quasi fosse un lancio di monetina su cui il nostro potere è limitato. Vita che è come una danza per la quale non scegliamo location o colonna sonora, ma balliamo comunque perché siamo stati invitati a farlo, in un finale che tocca il cuore e non veniva narrato così bene da molti anni a questa parte.
22/11/63 uscirà in una nuova edizione tascabile Pickwick in concomitanza con la serie tv e siamo sicuri che non potrà lasciarvi indifferenti. Siete pronti a innamorarvi?
(Stefano Romagna)