“Siamo entrambi d’accordo sul fatto che il futuro delle idee di Jung non riguardi la terapia ma un concetto unitario e olistico della natura e della posizione dell’uomo in essa”.
Wolfgang Ernst Pauli fu una delle principali menti della Fisica Quantistica. A lui, fra le altre scoperte, si deve anche l’omonimo Principio di Esclusione che gli consentì di vincere il Premio Nobel nel 1945.
Eppure, in questa lettera scritta il 25 dicembre del 1950 all’amico fisico Markus Fierz, Pauli non discute di elettroni o di spin, ma riflette sulle idee dello psicanalista svizzero Carl Gustav Jung da cui era stato in terapia dal 1930 al 1934.
Quello che noi conosciamo del pensiero di Pauli – oltre che dai suoi testi – ci è stato rivelato dai suoi sogni, descritti da Jung nel volume “Psicologia e Alchimia”. E naturalmente, dalla corrispondenza che i due si scambiarono, così come le rispettive conoscenze.
Il dialogo fra Wolfgang Ernst Pauli e Carl Gustav Jung, portò quest’ultimo ad affermare che “poiché il mondo fenomenico rappresenta un ammasso di processi di dimensione atomica, è di estrema importanza sapere – per esempio – se i fotoni ci consentono di raggiungere una conoscenza definita della realtà sottostante ai processi energetici meditativi.” Una dimostrazione concreta della capacità di trasferire concetti e informazioni da un ambito all’altro. Soprattutto, del desiderio di Pauli, espresso in diverse occasioni, di interpretare la Fisica Quantistica, oltre che filosoficamente, da un’inedita prospettiva psicologica.