Niente nevrosi, niente passi veloci, solo la benedizione di una banza dolce, viaggio così da una vita.
Poi, c’è sempre un poi, è arrivata Matera e Matera non scherza, Matera ti prende e ti mette addosso, dentro ovunque nelle carni, il respiro matto. Quello dello stupore, quello del fiato a debito, quello che non ti fa dire mezza parola e fa impazzire il cuore che non si ferma danza la vita potente, fa il cavallo in petto, s’inchina alla bellezza.
In questa Basilicata ruvida e poetica, tra scirocco e tramontana che sferzano mandorli e ulivi, va in scena lo spettacolo rupestre del calcare col passepartout roccioso dei Sassi Caveoso e Barisano, i precipizi della Gravina, le grotte zeppe di affreschi bizantini, i muretti a secco, le facciate barocche e romaniche, i saliscendi lastricati, le lande della Murgia che sanno di luna e il mare grosso delle crete con onde e onde di calanchi. In questa Lucania, dove si sta bene col vuoto arcano e il sole forte, mi piace farmi di silenzio, andare in pellegrinaggio sopra e sotto terra.
C’è un posto per ognuno di noi in questo mondo, ce lo insegnano le stelle che da lassù, lontano lontano, hanno il loro e non si stancano di splendere. Mai!
Ecco, a Matera sono nel mio coi falchi grillai, le pietre antiche, santi senza aureola con le tasche piene di peccati. Poeti erranti, spacciatori di sogni, briganti di passato, custodi di pinacoteche sotterranee, massaie teatranti, musicanti in cerca di corpi da agitare, baristi pieni di desideri, anziane che sciorinano preghiere, bracconieri di panorami, allevatori di stelle, panettieri buoni come la mollica calda, attori nomadi come pastori, scultori che parlano alle pietre, pittori con l’ossessione dell’eternità e registi strafatti di nitrato d’argento. Con questa bella compagnia splendiamo, lo vedo lo sento, facciamo energia che prende vola fa vertigine fa luce fa pace, fa Matera.